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i libri di
raffaele k. salinari

nelle edizioni punto rosso

Immagine

Raffaele K. Salinari è nato a Zurigo nel 1954. Medico-chirurgo, ha lavorato per oltre venticinque anni per le Nazioni Unite ed in diverse Organizzazioni umanitarie in Africa, Asia ed America latina. Presidente della Federazione Internazionale Terre des Hommes.

IL SITO DI SALINARI
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novità

Raffaele K. Salinari
salambò unbounded
introduzione di donata feroldi

«Il palazzo s’illuminò d’improvviso alla balconata più alta; la porta di mezzo s’aprì, e sulla soglia comparve una donna: era Salambó, la figlia di Amilcare… Una catenella d’oro le univa le caviglie
, regolando la sua andatura ed un mantello color di porpora cupo le pendeva dalle spalle con strascico a terra… Matho, il Libio, stava chino verso di lei; senza volerlo, gli si fece vicina e versò nell’aurea sua coppa un lungo getto di vino. - Bevi! Disse. Egli prese la coppa…». Come incastonata al centro della possente descrizione riluce, suggestiva e perturbante, l’immagine della catenella d’oro che costringe (bound) il passo di Salambó. Ma cosa simboleggia il particolarissimo ornamento, il dettaglio capace di evocare la totalità di un mondo, il regolatore del passo che innesca una passione che, pur muovendo dal fetisch e dal bondage, arriva finalmente al gesto liberatorio della sua rottura, scatenando così (unbound) l’eros capace di distruggere un’intera civiltà?

pagg. 96, 9 euro

novità

Raffaele K. Salinari
Alias:Aleph
Mundus Imaginalis Borgesianus

con un biglietto di accompagnamento
di Silvana Silvestri e la prefazione di Davide Susanetti

Ho riunito ciò che è sparso – secondo la formula consacrata dal mito di Iside e Osiride – organizzando e rivedendo per questo volume gli articoli ispiratimi dall’Aleph di Jorge Luis Borges comparsi su Alias del sabato, supplemento culturale del quotidiano il manifesto.
Si dispongono così le luci di una costellazione immaginale, inscritta nelle traiettorie di astri a volte impercettibili, eclissati dall’ombra feroce della modernità ma che, come certe stelle spente da eoni, continuano a irradiare il loro fulgore su di noi.
Sono i «mondi alefici» che si specchiano nel titolo: Alias: Aleph; in altre parole tutto ciò che ovvero può considerarsi un Aleph, la Porta Regale dove finalmente s’incontrano visibile e invisibile.
Così si sono filati ed intrecciati la trama e l’ordito di un arazzo che disegna una fantasmagorica iconostasi incastonata di alias Aleph. In una epitome: immagini per la mente, voluttà per il corpo, estasi per l’anima, luce per lo spirito.
La speranza, allora, è che ognuno possa, non solo trovare la metafora alefica che più gli corrisponde ma, ecco l’augurio, illuminarla con la brillantezza della sua unica e irripetibile visione.


Pagg. 290, 18 euro. anche in e-book

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Raffaele K. Salinari
L'ALTALENA
Il gioco e il sacro dalla Grande Dea a Dioniso
Prefazione di Carlo Flamigni

Che senso ha scrivere una storia dell’altalena, richiamarne i significati sacri, gli usi visionari, le ascendenze mitologiche? In fondo è solo un gioco, un innocente passatempo per bambini che però, e qui sta l’arcano, mai lascia indifferenti, sempre turba l’anima in modo inspiegabile.
Forse è perché viene da un tempo lontano, quando le distanze tra l’umano e il divino non erano, come oggi, incommensurabili, e quel gioco simboleggiava la loro congiunzione: una pratica estatica per rigenerarsi al cospetto della zōe. Nell’antica Grecia zōe significava Vita, senza nessuna caratterizzazione: esistenza incondizionata. E questa zōe, che non ha contorni e neppure definizioni, ha il suo sicuro opposto in thanatos, la morte. Ciò che in zōe risuona in modo certo e chiaro è «non morte»: qualcosa che non la lascia avvicinare a sé; da questo Bataille vedrà nell’erotismo l’affermazione della Vita sino dentro la morte. Agli albori della civilizzazione mediterranea governava il nostro mondo una sola Grande Dea: Lei rappresentava il culto universale. Era per Lei che ci si inebriava, ci si accoppiava. A Creta se ne cercava la visione balzando sull’altalena formata dalle corna del toro; altre movenze del corpo erano gesti sacri a Lei dedicati: danze, acrobazie, certe forme di prostituzione.
Erede e testimone di questa primigenia spiritualità resterà, nella cultura greca e sino ai giorni nostri, Dioniso, il dio-archetipo della «vita indistruttibile»; emanazione trans-gender della Dea, egli solo manterrà nei secoli aperta la porta verso l’ebbrezza mistica che avvicina al vortice della Vita, dove Lei ancora intreccia la «trama nascosta» che unifica la realtà. E allora, se seguiamo il percorso che parte dalla taurocatapsia minoica sino alle altalene dei tarantolati, passando per l’incedere oscillante dei fedeli nelle processioni dei Misteri nel Sud d’Italia - dove ritroviamo la Madonna come figura epigona della Dea - per arrivare finalmente a simboli popolari più quotidiani, come i pendagli che oscillano dai nostri specchietti retrovisori, forse possiamo cogliere, anche in queste opache immagini odierne, un barbaglio della luce originaria che emana dal sacro.
Collana Materiali Resistenti, pagg.186, 12 euro. Anche in e-book

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RECENSIONE DI BENEDETTO VECCHI
La sensualità liberatrice del gioco
Saggi. «L’altalena» di Raffaele K. Salinari per Punto Rosso edizioni. Nella mitologia non c’è solo una rappresentazione pietrificata della realtà. In esso è sempre presente la possibilità di un mutamento. di Benedetto Vecchi
Il sentiero che dal mito approda al pensiero radicale è costellato di trabocchetti e insidie. Ne hanno scritto in molti della possibilità di perdersi o di perire nelle contraddizioni. Alcuni nomi, per sgomberare il campo da possibili equivoci, di teorici radicali che ne hanno fatto un nodo inaggirabile della loro produzione: Ernst Bloch, Walter Benjamin. Più recentemente Furio Jesi o in forma diversa Giorgio Agamben. Tutti accomunati dalla convinzione che il mito, oltre a dare una rappresentazione pietrificata e immodificabile dei rapporti sociali, ha il suo lato in luce, cioè aperto al cambiamento e alla sovversione. Se poi ad esso si associa il gioco — attività infantile, con proiezioni in età adulta quando diviene attività economica, avviene un vero e proprio cortocircuito.
Ed è dalla constatazione di tale cortocircuito che parte il provocatorio saggio di Raffaele K. Salinari L’altalena (Punto Rosso), che prova appunto ad affrontare non la paralisi bensì il movimento non addomesticabile della prassi teorica quando il mito (in questo caso Dionisio) incontra il gioco e il pensiero radicale.
I lettori di questo giornale conoscono Salinari per i suoi contributi attorno ai rapporti tra nord e sud del mondo, tesi a svelare la volontà di potenza del capitalismo sull’intero pianeta. La lettura di questo libro svela invece una passione altrettanto forte nell’individuare uno stile di vita che punti a cambiare l’esistenza «qui ed ora» senza attendere nessun messianico sole dell’avvenire. Il mito è dunque fratello gemello, nella riflessione di Salinari, del virtuale declinato come una realtà trasformata già presente nella realtà data. E non è un caso che sia proprio Dioniso a tenere banco. il dio greco dell’estasi e della liberazione dei sensi. Per Salinari, tuttavia, Dioniso non coincide mai con la rappresentazione dominante della figura che distrugge o si fa beffa delle regole o della Grande Dea (la terra). Il dio greco è invece figura che costruisce nuove regole, dove non c’è spazio per l’oppressione. Ed è dunque il gioco l’arena dove le regole prendono forma, consentendo ai partecipanti di poter esprimere al meglio le propria personalità. Il gioco è d’altronde competizione, ma gioiosa, mai plumbea. Non è quindi un caso che la figura scelta è quella dell’altalena. Ogni bambino o bambina che fa l’esperienza dell’altalena chiede espressamente — con il linguaggio del corpo — dell’intervento esterno. La spinta per far continuare il movimento ondulatorio è necessaria, ma una volta che il corpo apprende le regole, pretende di essere libero di variare il movimento, di spingersi in alto, assaporando l’ebbrezza della libertà dalla necessità.
Al di là dei riferimenti alla mitologia greca, ma anche di altre culture, il libro di Salinari è una riflessione sulle possibilità di cambiamento della realtà che sono sempre presenti anche quando tutto attesta il contrario. Il gioco, quindi, come esperienza indispensabile per pensare la rivoluzione. Non quindi prerogativa dei bambini — questo lo aveva già analizzato Benjamin — ma anche degli adulti. Salinari invita a ricordare, a scavare nei ricordi, per assaporare nuovamente la felicità che il gioco dà.
Il gioco, in questo caso, non ha nulla a che fare con la sua industrializzazione, ma con quella predisposizione alla relazione con l’altro. Una massima che molti vorrebbero archiviare affermava che sono con gli altri, il singolo può dare il meglio di se stesso. L’altalena è il mezzo di questa esperienza: si è liberi solo quando si è con gli altri. In questo campo c’è dunque spazio per la sensualità del vivere in comune. In questo spazio c’è la possibilità di poter cambiare il mondo. Con buona pace di chi vede nella sensualità una distrazione dalle cose importanti della vita.


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“L’altalena” di Raffaele K. Salinari, recensione di Gassid Mohammed
30 marzo 2016

Questa non è una vera e propria recensione del libro di Raffaele K. Salinari, perché la recensione in realtà necessiterebbe un lungo articolo, considerato che il libro è davvero ricco di spunti di riflessione. Ciò su cui vorrei concentrarmi è l’altalena e il suo rapporto con la Dea Madre che, in fondo, cerca – a mio avviso – di ripristinare il nostro rapporto con la Dea Madre-Natura.
Non si può leggere “L’altalena” di Raffaele K. Salinari senza sentire l’estasi della vertigine o del salto, poiché leggerlo è come fare un tuffo dall’alto della nostra modernità fino al fondo del nostro passato. Gli argomenti che tratta il libro sono dei piccoli lumi che illuminano gli angoli oscuri della nostra vita, ci inducono a capire che i semplici giochi di bambini, ma anche certi sport pericolosi, hanno come origine un culto universale praticato dai nostri antenati. Connette il presente a un passato remoto e lontano, per farci comprendere che il divino ci circonda anche se noi non lo sappiamo, che la Grande Dea, la Dea Madre, è presente tra noi, che tutti abbiamo praticato il culto per Lei, pur senza saperlo.
Infatti, non avrei mai pensato che il gioco della nostra infanzia, l’altalena, fosse il sacro dell’infanzia dell’umanità. Questo da una parte mi rallegra, dall’altra mi rattrista. Mi rallegra perché scopro, grazie all’autore, che un giorno, nella mia lontana infanzia, ero connesso in un modo o nell’altro con la Grande Dea, che chiamerei tranquillamente Madre Natura. Rendersi conto di questo fatto è molto importante, perché è lì che ci sono le fondamenta della nostra vita, e ci basiamo fino alla fine dei nostri giorni su quelle fondamenta. E mi rattrista perché mi rendo conto di quanto ci siamo allontanati dalla nostra infanzia innocente, proprio come l’umanità si è allontanata dalla sua infanzia innocente.
Quando ho letto il libro non ho potuto fare a meno di riscoprire la mia infanzia, o parte di essa, quella legata al gioco dell’altalena. I giorni più felici della mia infanzia sono quelli delle due feste più grandi del mondo musulmano: la Festa del Sacrificio (Id al-adha) che avviene dopo il pellegrinaggio alla Mecca, e la Festa della Rottura del Digiuno (Id al-fiṭr), che avviene dopo il mese di Ramadan, e durano rispettivamente quattro e tre giorni. In una piazza non asfaltata davanti a casa mia si svolgevano queste due feste, ora però non più, dopo che la piazza è diventata una villa, una massa di mattoni e cemento. La piazza era piena di vari tipi di palme, alte anche più di dodici metri. Uscivo la mattina presto, non avevo la pazienza di aspettare, e trovavo due o tre fanciulle, sorelle peraltro, che annodavano le corde intorno a due palme che stavano una di fronte all’altra, come una lettera V, per fare un’altalena. Qualcuno saliva sulle palme e legava un’estremità delle corde ad altezza di sei sette metri, e dal basso le ragazze legavano l’altra estremità intorno a un tronchetto di palma di due metri di lunghezza, che dondolava in orizzontale ad altezza di quasi un metro dalla terra.
Nel libro di Raffaele Salinari si parla anche della festa Anthestéria, una festa che durava tre giorni, e nel giorno delle brocche «le giovani andavano in altalena, in onore di Erigone, anche ai bambini era consentito dondolarsi, perché quel giorno essi imitavano tutto quanto accadeva pubblicamente nella grande festa». Anche nella nostra festa, su quel tronchetto, salivano sull’altalena bambini e adolescenti per dondolarsi avanti e indietro. Ci sentivamo fuori dal tempo e dallo spazio, in una dimensione che non appartiene a nulla; questa è la “Ilinx” tramite il quale si immerge con la zōḗ (Vita senza caratterizzazione o limiti). Certo che il dondolio non è privo di pericoli, poiché l’altalena faceva avanti e indietro ad altezza di cinque e sei metri, finché le palme cominciavano a scuotersi, come se ballassero, e chi casca rischia di certo la vita. La cosa più notevole in tutto ciò è il dondolio degli adolescenti che, correndo questo pericolo/rischio, volevano farsi notare dalle ragazze, o in modo particolare dai loro amati. E quindi notiamo che eros e morte si confondono per significare il principio della vita, o il culto – ora ignorato – per la Grande Dea, la Dea Madre. E come dice Salinari «l’erotismo del dondolio arriva a noi dalla trasformazione di un gioco – l’altalena – che antichi miti descrivono come simbolo della morte; per questo il nesso tra morte ed erotismo sfugge a chiunque non veda il nesso religioso». L’altra coincidenza strana nell’altalena della mia infanzia è che erano proprio le fanciulle a gestire quella altalena. Ecco dunque, per ritornare al sottotitolo del libro, che il gioco della nostra infanzia si rivela come il sacro dell’infanzia dell’umanità.
Parlare di divinità femminili non è affatto difficile, visto che nella Grecia antica tali divinità non mancano. Ma parlare della Grande Dea, la Dea Madre, richiede uno sforzo maggiore, poiché il pensiero maschile vinse un giorno quello femminile e diffuse il suo dominio per fare sì che gli Dei fossero principalmente maschi. Tuttavia abbiamo elementi frammentati che ci guidano verso l’esistenza, un tempo, di una Grande Dea, probabilmente identificabile con la Madre Terra, o semplicemente la Natura. Il nome di questa Dea è Potnia, identificata soprattutto in Creta nell’età del bronzo. Il significato di Potnia sarebbe “Signora” o “Padrona” che può essere compreso facilmente come “Dea Madre”. Con l’arrivo del potere maschile in Grecia – tra l’altro potere deriva proprio da Potnia – la Dea Madre è stata soppressa, anche se non eliminata del tutto. Infatti, la ritroviamo nelle Dee femminili, frammenti rimanenti, eredità frantumate  di una concezione teologica precedente e preesistente. Carlo Flamigni, nella sua ricca prefazione al libro di Salinari, “L’altalena”, ci fornisce un’ampia descrizione delle Dee arcaiche nelle diverse culture del Mediterraneo e anche oltre, come nella cultura Greca, nella cultura mesopotamica, assiro-babilonese, e nella cultura egizia.
Nell’infanzia dell’umanità, dunque, l’altalena era un rito sacro, consacrato alla Dea Madre. Per spiegarci ciò Salinari ci guida e ci porta tra i miti che hanno messo le radici a tale rito. Il primo mito nella Greca antica è quello dell’ateniese Erigone. Dioniso insegnò a Icario, il padre di Erigone, la coltivazione della vite e gli consegnò delle otri di vino, Icaro distribuì il regalo ai concittadini, e questi, una volta ubriacati, pensarono d’essere avvelenati, così uccisero Icario. Una volta che la figlia, Erigone, scoprì il fatto si impiccò all’albero sotto cui era la salma del genitore. Le vergini ateniesi allora, nella ricorrenza del suo gesto, si sarebbero impiccate fino a quando gli assassini non sarebbero stati individuati. Per risolvere tale questione l’oracolo delfico consigliò di inventare un gioco di dondolio per simulare l’impiccagione, così nacque il rito dell’altalena.
Tuttavia Salinari ci riporta ancora indietro nel tempo; quando, appunto, la Dea Madre aveva ancora il totale potere sul creato. Una di queste testimonianze si trova sulle taurocatapsia minoica, dove si vede il salto tra le corna del toro che simboleggia l’oscillazione della Dea in altalena. Un simile dondolio si verifica anche nella città mesopotamica Mari, al confine tra l’Iraq e la Siria, dove è stata ritrovata una statuetta risalente alla stessa epoca minoica, in cui appare una Dea sospesa nel dondolio. È per quella Dea, sostiene Salinari, che ci si inebriava, ci si accoppiava, se ne cercava la visione balzando in altalena, e altre movenze del corpo erano gesti sacri e visionari a Lei dedicati. Tra cui le danze, le acrobazie e i dondolamenti sui rami. Il dondolio nei miti – e anche l’impiccagione che ne è un simbolo – avveniva spesso su un albero; che sarebbe l’albero sacro che rappresenta la Dea. Quella Dea “governava il nostro mondo” nei tempi antichi «rappresenta il culto universale della vita, che includeva la luna e il sole come manifestazione della sua sfera d’influenza». Tali gesti sacri, che oggi sono semplici giochi, erano il mezzo della congiunzione con la Dea Madre, quel legame che oggi è perduto o consumato dalla modernità. Quindi «i miti della Dea sono le antiche testimonianza dell’unità del vivente: questo era il messaggio del divino nel quotidiano». In quest’ottica appare evidente come il «gioco come l’altalena può simboleggiare meglio la visione di un corpo e di un’anima uniti nel generare questa combinazione di quiete e movimento che riflette, sul piano del microcosmo umano, l’Intelligenza stessa che ordina ed abbraccia il Cosmo». E infatti è a un simile risultato che giunse il filosofo egizio Plotino – citato da Salinari, – quando si è chiesto del perché il movimento del mondo è circolare. Secondo il filosofo «È un movimento della coscienza, della riflessione, e della vita che ritorna su se stessa, che non esce mai da sé e non passa ad altro, appunto perché deve abbracciare tutto in sé. Ma non l’abbraccerebbe se rimanesse immobile, né avendo un corpo, manterrebbe in vita le cose che contiene: infatti la vita del corpo è movimento. Sicché il movimento circolare risulta composto del movimento del corpo e di quello dell’anima, e siccome il corpo si muove per natura in linea retta, e l’anima lo trattiene, dai due deriva quel movimento che ha del movimento e della quiete». Quel semplice gioco, l’altalena, come anche la danza, le acrobazie e forse anche tutti gli sport pericolosi, avevano come origine una specie di riti sacri che congiungevano il singolo individuo con la Madre Dea, la Natura.
Salinari con le sue riflessioni, i suoi dialoghi con i filosofi, ci fa riflettere sul senso originale del gioco stesso, qualsiasi sorta di gioco. Quei giochi che per noi, bambini o adulti, sono una sorta di puro divertimento o passatempo, non erano tali per i nostri lontani antenati. Il gioco in generale ha una sua connotazione sacra nei miti, quelle storie che noi consideriamo tanto lontani, proprio come la nostra infanzia, ma che stanno alla base della nostra umanità attuale. I giochi, come “la vertigine e la maschera” ma anche i giochi d’azzardo, di travestimenti e altri ancora, hanno in comune con l’altalena quel transitare da una realtà a un’altra diversa dal quotidiano. I giochi, Salinari cita Caillois, «Si basano sulla ricerca della vertigine e consistono nel tentativo di distruggere per un attimo la stabilità della percezione e a far subire alla coscienza lucida una sorte di voluttuoso panico». (Caillonis, p. 40).
Quella sensazione di vertigine, a noi molto comunque pur senza intendere cosa c’è dietro, che spesso andiamo a cercare, ballando, giocando o ubriacandoci, per non parlare della droga, ma anche i semplici giochetti che facciamo ai bambini prendendoli dalle braccia e facendoli girare in aria, è proprio il punto centrale di cui ci vuol parlare Salinari nel suo libro. L’autore ci svela il segreto dietro a questi semplici gesti quotidiani, per dirci che noi ci connettiamo ogni volta, e spesso, con il divino, pur senza saperlo. A un divino non identificato, o potremmo semplicemente definirlo la Madre Natura. Poi ci illumina su come stiamo distruggendo questo legame nel normalizzare i giochi, soprattutto nei Luna Park, che ormai hanno invaso il nostro quotidiano.
Tuttavia dopo la Grande Dea c’era una divinità, pur maschile, che era l’erede della Dea Madre; questa divinità è Dioniso. Ma perché Salinari sceglie proprio Dioniso? Dioniso è il dio dell’estasi e della liberazione dei sensi, è il Dio che viene ucciso dai Titani per poi essere ricomposto e rinasce per simboleggiare la vita indistruttibile che, a sua volta, simboleggia la Grande Dea, di cui Dioniso è l’emanazione. Successivamente venne identificato in speciale modo come Dio del vino, dell’estasi e della liberazione dei sensi, quindi venne a rappresentare l’essenza del creato nel suo perenne e selvaggio fluire, lo spirito divino di una realtà smisurata, l’elemento primigenio del cosmo, l’irruzione spirituale della zoé greca, ossia l’esistenza intesa in senso assoluto, il frenetico flusso di vita che tutto pervade (Otto, Dioniso. Mito e culto). Dioniso eredita le qualità che erano quelle della Dea Madre, per questo Salinari lo sceglie, a ragione, come la continuità di essa. Tramite Dioniso, dio del vino e delle estasi, noi oltrepassiamo la soglia della vita quotidiana per congiungerci con un’altra realtà, al di fuori del tempo e dello spazio, che può essere identificata, appunto, con la zoé.
Ecco, io ti invito, caro lettore, a cogliere l’invito di Salinari, e di ripensare alla tua infanzia, e anche a quella dell’umanità, di ripensare al divino, non quello rappresentato dalle religioni, ma un divino vago, un divino con cui quasi ogni giorno ti congiungi senza renderti conto. Incito anzitutto me stesso e te, caro lettore, e renderci conto di quella realtà che ci circonda e riconsiderarla; la Grande Dea, la Dea Madre, o, come mi piacerebbe chiamarla, la Madre Natura. È uno spirito immenso che ci accoglie nel suo grembo, ci nutre e ci cresce, mentre noi lo ignoriamo e lo bistrattiamo. Credo che l’unico modo per salvarci e salvare il mondo è quello di cercare di salvare la Madre Natura.

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Raffaele K. Salinari
SMS. Simboli, Misteri, Sogni
Introduzione di Franco Farinelli

Simboli: i gemelli Hypnos e Thanatos, il Sonno e la Morte, compaiono su un Cratere attico del 500 a.C. come interpreti di un messaggio nascosto nei versi dell’Iliade. All’inizio della seconda guerra mondiale, Pier Paolo Pasolini compie il suo rito di passaggio alla maturità danzando nudo all’alba, mentre la giovinezza scompare come la tremula luce delle lucciole. Solo qualche anno prima, il filosofo Walter Benjamin iniziava le sue Tesi sul concetto di storia scegliendo la figura simbolica del Turco - l’automa giocatore di scacchi che aveva sconfitto anche Napoleone - per illustrare le relazioni tra teologia e materialismo storico.
Misteri: ma il Turco era solo una semplice macchina, o piuttosto un cyborg ante litteram, come aveva intuito E. A. Poe? E che fine ha fatto? È veramente bruciato in un museo di Filadelfia gridando il suo ultimo Shet, o sopravvive in qualche forma? E ancora, misteri della storia: cosa ci faceva Stalin in Italia nel 1907? Perché il suo viaggio ad Ancona doveva rimanere nascosto? Cosa lega lo Zar rosso al Gentiluomo di fortuna Corto Maltese?
Sogni: nel “Cuore di tenebra” del continente africano, l’incontro con un pigmeo nella foresta del Congo diventa parte di un sogno di guarigione. Al crocevia tra un altro tempo, la notte del solstizio d’inverno, ed un altro sogno, quello di un clochard veneziano, una visione illumina il destino di due ragazzi partiti entrambi dall’isola di Gorèe in Senegal.
SMS; Simboli, Misteri, Sogni: le storie che svelano il linguaggio della trama nascosta.
Collana Materiali Resistenti, formato 11x16, pp. 214, 8 Euro.

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Raffaele K. Salinari
TUFFARSI
Autobiografia di un'Immagine

Con una prefazione di Marco Dotti

Confiteor: questo libro è una celebrazione, un «sacrificio». Da quando ho memoria di me non ho mai guardato uno specchio d’acqua senza provare l’irresistibile fascino di tuffarmi. Il tuffo è stato, è, e sempre per me sarà, la quintessenza stessa della gioia di vivere: la sua biografia è la mia. Ogni Immagine descritta in queste pagine l’ho Immaginata, ogni mito vissuto, ogni eroe interpretato, ogni divinità evocata, ogni rito officiato.
Tuffarsi… scorrono nel tempo le sue metafore; tornano ad essere evocate le divinità che lo presiedono; si intrecciano i miti che lo accompagnano; le favole ne colgono l’essenza e ce la porgono; brillano i suoi riti nel folgorante «ora»: crogiolo psichico in cui, subitaneamente, si fondono tutte le fascinazioni. Oh tu che leggi, fa’ che questa confessione le assolva pienamente.
Co-edizione con Carta - Collana Materiali Resistenti, pp. 200, 12 Euro.

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Raffaele K. Salinari
IL CASTELLO DI SABBIA
Sguardi sull'invisibile

Con un Biglietto di accompagnamento di Romano Madera

Un bambino costruisce il suo Castello di sabbia in riva al mare; al confine perpetuamente mobile tra la terra e l’acqua impasta gocce di mare e grani di sabbia: infinito con infinito, Visibile con Invisibile. «La trama [armonia] nascosta è più forte di quella manifesta»; così dice Eraclito di Efeso nel frammento che illumina l’intreccio tra Visibile ed Invisibile. Lo sguardo sui nodi che tessono queste due «trame», svela la risposta all’enigma che oggi ci pone la Sfinge: chi è un uomo che può riconoscersi nel Mondo, e «chi è» un Mondo che può riconoscersi nell’umanità? Rispondere all’enigma è tanto più necessario, quanto più il bioliberismo mortifica l’anima accecando il nostro sguardo sull’Invisibile, e ci rende distruttori delle altre manifestazioni con le quali condividiamo l’essenza del Mondo. Il bambino che costruisce il Castello di sabbia è allora l’Immagine, la metafora che ci accompagna nel passaggio verso il luogo ed il tempo nel quale si ricongiungono Visibile ed Invisibile. Per questo seguiremo un antico dio: Dioniso, il «dio venturo», ed il suo linguaggio metaforico di simboli, miti e riti, per tornare a «saper leggere il libro del Mondo».
“Un biglietto di accompagnamento per augurare un sentito “buona fortuna” a questo testo appassionato, entusiastico - come se un dio gli agitasse l’anima nella scrittura - di Raffaele K. Salinari.
L’autore è trasportato dal suo coraggio, forse le tremende smentite della storia hanno generato in lui questa necessità di abbandonare le mezze misure, gli adattamenti prudenti alla mentalità bigotta dei nostri compagni che per decenni, per un secolo e mezzo ad essere più precisi, hanno metodicamente tagliato la lingua a chi osava accennare all’importanza del simbolo, della psiche profonda, individuale e collettiva, del senso e dell’immagine”. (Romano Màdera)
Co-edizione con Carta - Collana Materiali Resistenti, pp. 174, 10 Euro.

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Raffaele K. Salinari
IL GIOCO DEL MONDO
Scissione, insurrezione, ricongiungimento. Visioni di Re-esistenza

Prefazione di John Holloway

Scissione, insurrezione, ricongiungimento: sono le “case” che disegnano il nostro Gioco del Mondo. Il suo intento è la Re-esistenza, il suo luogo è “dentro” e “fuori” di noi. Le visioni che proponiamo sono, allora, una pro-vocazione, affinché la Vita e le sue manifestazioni politiche si leghino nuovamente alla sensualità e all’amore; perché questo è l’orizzonte degli insurgenti che curano l’anima del mondo.
“La sfida dunque, non è tanto quella di costruire una rivoluzione futura, quanto di imparare a riconoscere, e riconoscendo a rafforzare, il non-ancora che esiste qui ed ora. Tutto questo, e molto altro, è presente in questo libro stimolante. L’autore spinge il pensiero rivoluzionario oltre i suoi limiti consueti, esplora delle regioni raramente toccate da libri di teoria politica o sociale. Ci obbliga ad aprire i nostri orizzonti, ci invita ad esplorare... Camminiamo domandando, camminiamo ascoltando, cercando di udire l’inaudito, di vedere l’invisibile. Per fare questo, abbiamo bisogno di estendere i nostri sensi. E’ un piacere associarmi... all’urgenza che ha Raffaele K. Salinari di ampliare ed estendere i nostri sensi rivoluzionari.” (Dalla Prefazione di John Holloway)
Co-edizione con Carta - Collana Materiali Resistenti, pp. 175, 10 Euro.

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Raffaele K. Salinari
RE-ESISTENZA CONTRO SOPRA-VIVENZA
Tredici affermazioni di liberazione dall’Impero-fattuale

Prefazione di Raúl Zibechi
Seconda edizione

"Quello di Raffaele K. Salinari è un libro “indigeno”, nella misura in cui può esserlo un libro scritto da un europeo. Non lo è per via di qualche coincidenza nell’analisi o nella proposta, cioè non lo è razionalmente, lo è invece in quanto vissuto, sentimento, intuizione. E lo è, soprattutto, perché mostra una notevole capacità di unire quel che il sistema separa. L’unità, e l’impossibilità di dividere tra l’interno e l’esterno, è una delle chiavi del nuovo pensiero-azione, ed è la nuova coscienza che lo accompagna e lo rende fecondo.
Fino ad oggi il pensiero rivoluzionario ha preso l’esterno come punto di partenza (la proprietà, l’analisi della congiuntura, quella dei rapporti di forza, eccetera) e, per cambiare quella realtà, si è proposto di agire “su” di essa, spingendola, cercando di modellarla secondo un obiettivo prestabilito, così come lo scultore dà forma a una pietra. Tutto questo comporta due mezzi: la violenza e il controllo, due aspetti che risultano inseparabili nelle vecchie pratiche delle sinistre. Sarà forse per questo che il linguaggio militante è pieno di metafore architettoniche e militari, due professioni convinte che la vita possa prodursi come un oggetto". (dalla Prefazione di Zibechi)
Co-edizione con Carta - Collana Materiali Resistenti, pp. 158, 8 Euro

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