puntorosso
  • Home
  • Informazioni
  • Contatti
  • iniziative
  • edizioni
  • Dibattiti
  • Corsi
  • seminari
  • convegni
  • materiali
  • Lente Curda
  • Il diario politico di Luigi Vinci
  • Marx200Marx
  • settimanale e rivista
  • Link
  • Forma/Azione
  • Privacy Policy
  • Home
  • Informazioni
  • Contatti
  • iniziative
  • edizioni
  • Dibattiti
  • Corsi
  • seminari
  • convegni
  • materiali
  • Lente Curda
  • Il diario politico di Luigi Vinci
  • Marx200Marx
  • settimanale e rivista
  • Link
  • Forma/Azione
  • Privacy Policy
puntorosso

edizioni
puntorosso

"pensare significa oltrepassare" (Ernst Bloch)

per ordinare i libri di punto rosso
mandare una mail a edizioni@puntorosso.it, pagare il libro con bonifico o versamento sul ccp, comunicarci il pagamento e l'indirizzo postale e subito effettueremo la spedizione.
per le librerie seguire la stessa procedura se desiderate fare l'ordine diretto oppure rivolgersi al nostro distributore che è diest distribuzioni srl di torino (011-8981164)

PER ACQUISTARE
CATALOGO
LIBRI DI SAMIR AMIN
COLLANA LUKACS
LIBRI DI R. K. SALINARI
E-BOOK SCARICABILI
I LIBRI DI OCALAN
I RACCONTI DI GINO BENVENUTI



in primo piano

István Mészáros
OLTRE IL CAPITALE
VERSO UNA TEORIA DELLA TRANSIZIONE

Edizioni Punto Rosso, Milano, novembre 2016
Collana il presente come Storia, formato 17x24, 914 pagg. 40 Euro


e' uscito finalmente anche in italiano, per le Edizioni Punto Rosso il monumentale libro "Oltre il capitale. Verso una teoria della transizione" di István Mészáros.

Il libro è uscito in prima edizione inglese nel 1995 ed ha mille pagine e sono appena uscite le edizioni indiana e cinese. L'edizione spagnola, voluta fortemente dal Presidente Chavez, ha venduto decine di migliaia di copie in tutta l'America latina.
Questa pubblicazione è per noi, che collaboriamo con Istvan da molti anni, un impegno collettivo politico-culturale di prima importanza e un gesto di riconoscenza e affetto per Istvan e la carissima Donatella (sua moglie italiana scomparsa da qualche anno).
Per questo nonostante le nostre difficoltà economiche e il costo molto elevato della pubblicazione abbiamo deciso di procedere.

per acquistarne una copia dovete versare 40 Euro (con bonifico), o più se volete ulteriormente sottoscrivere, con causale "1 copia di Oltre il capitale" e mandarci una mail a edizioni@puntorosso.it specificando nell'oggetto la stessa causale del versamento e mettendo nel messaggio il vostro nome, indirizzo postale e telefono.

GRAZIE MILLE!!!

***
István Mészáros
Oltre il capitale. Verso una teoria della transizione
Edizioni Punto Rosso, Milano, ottobre 2016
Collana il presente come Storia, formato 17x24, 1000 pagg. 40 Euro


In "Oltre il capitale", il filosofo marxista, allievo di Lukacs, István Mészáros fornisce un importante contributo al compito di ripensare innovativamente l'alternativa socialista e le condizioni per la sua realizzazione alla luce delle sfide del XXI secolo, dopo il crollo del socialismo reale. Mészáros riporta l'originale impianto di Marx ad essere di nuovo uno strumento per la sinistra di oggi, ma non tornando indietro: egli si muove oltre il progetto che Marx ha iniziato e che ha articolato nella sua opera maggiore (Il capitale) per andare oltre Marx, e così per ricostruire strumenti analitici efficaci per andare al di là del potere del capitale stesso nella sua conformazione attuale.

Immerso nelle radici filosofiche e con una concezione del mondo rivoluzionaria (come nel primo marxismo), con una portata ampia e stupefacente nella sua erudizione, "Oltre il capitale" sfida brillantemente il quadro concettuale attuale incapace di andare oltre l'orizzonte capitalistico (se non con qualche slogan) e inizia l'urgente compito di elaborare una nuova teoria socialista della transizione.

"Non solo profondo nelle sue analisi, ma anche permeato di tanta passione e sempre ispirato dall'empatia per gli oppressi e per la loro lotta di liberazione". (Daniel Singer, The Nation)

"Per me, István Mészáros è una delle poche persone che ha contribuito in modo essenziale al rinnovamento del pensiero marxista. Come Marx, egli non è di facile lettura, ma è, sempre come Marx, inprescindibile e insostituibile". (Michael A. Lebowitz).

"István Mészáros tiene a battesimo il socialismo del XXI secolo" (Presidente Hugo Chavez)


Chi è István Mészáros
Ungherese, nato nel 1930. Allievo e poi assistente di Gyōrgy Lucács. Partecipò attivamente alla rivoluzione del 1956, nella quale lo stesso Lukacs ricoprì l'incarico di Ministro della Cultura nel governo Nagy. Con la repressione, Meszaros ha dovuto lasciare l'Ungheria, rifugiandosi all'estero, dapprima in Italia e in seguito in Inghilterra. Qui insegnerà filosofia e scienze sociali, prima all'Università di York e poi all'Università del Sussex, dove attualmente è professore emerito. Ha collaborato con numerose riviste, in primo luogo con la Monthly Review.

Alcune opere
"Lukács' concept of dialectics" (parzialmente tradotto nel libro di saggi su Lukács curato da Guido Oldrini, Isedi editore), Merlin Press.
"La teoria dell'alienazione in Marx" – Editori Riuniti.
"Marx filosofo" in "Storia del marxismo", vol. 1, "Il marxismo ai tempi di Marx", Einaudi.
"L'alternativa alla società del capitale. Socialismo o barbarie", Edizioni Punto Rosso.
"Beyond Capital", Merlin Press.


Immagine

per saperne di più.
indice e piano dell'opera

meszaros-oltrecapitale-indice.pdf
File Size: 83 kb
File Type: pdf
Download File

meszaros-dallaintro-pianoopera.pdf
File Size: 95 kb
File Type: pdf
Download File

Foto
Foto


novità


Maher Charif
I NODI IRRISOLTI DEL PENSIERO ARABO
Palestina, Riformismo, Jihad

Contributi di Edoardo Baldaro, Paolo Branca, Isabella Camera d’Afflitto, Azzurra Meringolo, Simone Sibilio

A cura di Ignazio De Francesco

Originario di Jaffa, nato e cresciuto a Damasco, Maher Charif è uno dei maggiori intellettuali palestinesi e arabi viventi, conosciuto per le sue ricerche di storia del pensiero moderno e contemporaneo, dove unisce al rigore scientifico, condito da un forte spirito critico (e autocritico), la passione politica e sociale, nonché l'impegno civile per i più alti valori della cittadinanza. 
I saggi qui riuniti offrono una sintesi dei suoi tre principali filoni di studio: la questione palestinese, il riformismo/rinascimento arabo, la dottrina del jihad. Temi scottanti e nodi attualmente irrisolti, che invitano all'approfondimento e al dibattito. E' in questo senso che vengono offerte, nella seconda parte del volume, stimolanti piste di riflessione, frutto del contributo di alcuni tra i migliori specialisti/e del nostro paese.
Dell'autore è già disponibile, in italiano, Storia del pensiero politico palestinese, Zikkaron, Marzabotto 2018.


158 pagg. 16 Euro
ISBN 9788883512810

Foto

Foto

Sérgio Haddad
PAULO FREIRE
Un educatore popolare

Prefazione di Frei Betto
a cura di Chiara De Poli, Antonio Lupo, Amerigo Sallusti

Il libro su Paulo Freire scritto da Sérgio Haddad è, senza dubbio, la migliore e più completa biografia del prestigioso educatore brasiliano, con il quale ero amico e con il quale ho avuto l’opportunità di lavorare con i movimenti sociali. Paulo Freire, come dimostra Haddad, non ha solamente rivoluzionato l’educazione introducendo la sua metodologia liberatrice. Rivoluzionò anche la politica, sottolineando l’importanza del protagonismo degli oppressi e criticando, aspramente, l’educazione “bancaria”, quell’elitarismo che tanto caratterizza le forze di destra, quanto l’avanguardismo che ancora oggi contraddistingue settori della sinistra. Concludo dichiarando qui la mia gratitudine ad Haddad per il suo lavoro imprescindibile…
(Frei Betto)

Sérgio Haddad è nato nel 1949 a San Paolo. Dottore in storia e filosofia dell’educazione presso USP, è ricercatore, insegnante e attivista sociale. E’ stato presidente dell’Associazione brasiliana delle organizzazioni non governative (Abong) e del Fondo brasiliano per i diritti umani. Ha partecipato alla Commissione Nazionale per l’Alfabetizzazione e l’Educazione della Gioventù e degli Adulti, è nel Consiglio Tecnico-Scientifico dell’Educazione di Base del Capes, e in vari consigli di associazioni della società civile, come Greenpeace e Amnesty International. È ricercatore di livello A presso il CNPQ e coordinatore di progetti speciali di Azione Educativa.

Pagg 186, 15 euro - ISBN 978883512780


György Lukács
LETTERE AGLI ITALIANI
Lettere a Cesare Cases, Alberto Carocci, Giudo Aristarco, Aldo Zanardo, Elsa Morante

A cura di Antonino Infranca

L’Italia è sempre stata al centro dell’interesse personale di Lukács, fino al punto che poco prima di morire ebbe a scrivere: «Ho sempre preferito l’Italia alla Germania per la vita quotidiana». Si possono comprendere facilmente le ragioni di tale preferenza (clima, cibo, bellezze artistiche e naturali). Rimase, però, per tutta la vita l’ostacolo della comprensione della lingua: nonostante Lukács abbia vissuto un anno a Firenze tra il 1911 e il 1912 non imparò mai l’italiano. La conoscenza della nostra cultura e dei suoi intellettuali avvenne, quindi, sempre attraverso il filtro del tedesco, la lingua che usava per la sua produzione culturale. Non si può, quindi, affermare che conoscesse molto profondamente la cultura italiana. Eppure, come scritto sopra, l’interesse verso l’Italia è sempre stato vivace e vissuto. In pratica, al di fuori del mondo mitteleuropeo e della Russia, Lukács viaggiò soltanto una volta in Francia, Svizzera e Scandinavia e molte più volte in Italia.
La vivacità dell’interesse di Lukács verso l’Italia si può notare proprio nel carteggio con gli italiani. Ci sono continue richieste di informazioni sulla cultura italiana del passato e del presente o progetti di viaggi che si sono realizzati o sono rimasti solo intenzioni desiderate. A testimoniare questo interesse ci sono anche i saggi dedicati ad autori italiani - da Dante a Manzoni, da Croce a D’Annunzio - e la considerazione in cui teneva Gramsci, che purtroppo non conobbe personalmente, né mai lesse a causa del suddetto ostacolo della lingua e della scarsezza di traduzioni, al tempo della vita di Lukács, nelle lingueda lui conosciute: tedesco,  ungherese, inglese e francese. Conobbe molto probabilmente Togliatti a Mosca e ne ebbe sempre un giudizio positivo.
Considerò sempre con stima gli scrittori italiani a lui contemporanei, Calvino, Moravia e specialmente la Morante, di cui qui le lettere che le indirizzò. Incontrò Pasolini e insieme assistettero a “Il Vangelo secondo Matteo”.
Insomma sfruttò tutte le occasioni che gli presentarono nel corso della vita per approfondire il suo interesse verso l’Italia, ma si tenga conto che dal 1914 al 1945 i rapporti con l’Italia erano praticamente impossibili. Dopo la guerra, i rapporti tra Italia e Ungheria non erano stretti, ma ciò nonostante Lukács mantenne un suo personale rapporto con l’Italia e, in particolare, con il Partito Comunista Italiano, che considerò come una sorta di partner privile-giato nella sua produzione intellettuale. Il referente italiano di questo rapporto fu soprattutto Cesare Cases, la corrispondenza con il quale rappresenta la parte maggiore di questo libro.

Collana lucacciana, ISBN 9788883512827, pagg. 136, 17 euro.

Foto

Foto

Francesco Bochicchio
NÉ CON LA RUSSIA
NÉ CON LA NATO
LA GUERRA IN UCRAINA

Appunti storico-politici

Prefazioni di Vincenzo Comito e Giuseppe Oddo

Gli scritti contenuti in questo volume sono stati redatti a partire dallo scoppio della guerra alla fine di febbraio 2022 nella stessa successione temporale qui seguita e sono presentati senza alcuna modifica sostanziale.
La ragione di tale modalità di presentazione consiste non tanto nel mantenere freschezza alla narrazione, quanto piuttosto nell’esigenza di una narrazione fedele e rispondente a criteri di storicità.
In tal modo si pongono i presupposti per una ricostruzione della guerra fedele ed autentica, senza ricadere in ri-scritture “ex post”: il parlare con il “senno del poi” è il contrario dell’approccio scientifico.
Il rischio di disorganicità è stato tenuto presente ed affrontato “ab origine”, tenendo sempre presente la complessità della guerra, da affrontare in tutti i risvolti ed in tutti i dettagli, senza peraltro perdere di vista la sua unitarietà.
Tale unitarietà è stata ricostruita secondo l’approccio della geo-politica, vale a dire della scienza politica. Si è quindi bandito l’approccio “a tesi” del pensiero unico, che preclude la possibilità di comprendere gli esatti termini della questione, con l’indefettibile e non apprezzabile conseguenza di cadere vittima, nel delineare gli scenari, di una com mistione tra pensiero e speranza (“putant quod cupiunt”, sentenziavano acutamente al riguardo i latini).

310 pagg. 24 Euro ISBN 9788883512803


Foto

Galvano della Volpe
ROUSSEAU E MARX
e altri saggi di critica materialistica

A cura di Piergiorgio Bianchi
Postfazione di Francesco Bochicchio


“Rousseau e Marx e altri saggi di critica materialistica” di Galvano della Volpe è stato pubblicato a Roma da Editori Riuniti nell’aprile 1957. Il libro è l’esito coerente di un intenso lavoro teorico nel campo marxista. Se per Rousseau l’uomo è la persona, l’individuo depositario di diritti originari, la società pensata nel “Contratto sociale”,  assumerà i tratti esclusivi, eppure riconoscibili, con cui nell’età moderna si presenta la libertà borghese. All’individualismo atomistico ed astorico proposto dal filosofo ginevrino, la cui genealogia ci riporta alla tradizione platonico-cristiana, della Volpe contrappone la concezione dell’uomo come ente sociale esposta da Marx nei Manoscritti economico-filosofici del 1844.
Il libro non si limita, tuttavia, a riproporre le tesi classiche del marxismo su Rousseau. La sua novità risiede nel fatto che della Volpe si interroga sul lascito politico non ancora «storicamente esaurito» di Rousseau. Nei saggi scritti tra gli anni Cinquanta ed i primi Sessanta, si rafforza in lui la convinzione che occorra separare in maniera radicale gli esiti politici dai presupposti ideologici di Rousseau.
In tal senso, secondo della Volpe, Rousseau prospetta un modello di società che esce fuori dai parametri storici e ideologici della borghesia. «È il concetto di una società egualitaria non livellatrice: una società così costituita da realizzare in e per se stessa un tipo di eguaglianza o giustizia consistente in una proporzionalità universale di differenze sociali e di differenze personali di merito (forza, talento etc.)». Si tratta di una «proporzionalità universale in quanto assicurata dalla “forza comune” del ”corpo sociale”. Così si apre una domanda sulla democrazia poi lasciata cadere nell’“Emilio” e nel “Contratto sociale”, ma che si realizza storicamente nel socialismo. Il progetto politico originario di Rousseau non è dunque esaurito, ma trascende la rivoluzione borghese, imprimendo uno sviluppo ulteriore all’idea di democrazia.

Collana Marx200Marx, ISBN 9788883512834
pagg. 206, 20 euro



ISTVÁN MÉSZÁROS
LUKÁCS
Maestro di pensiero critico
A cura di Antonino Infranca e Roberto Mapelli

“Per quanto lo stesso Lukács non sia riuscito  a svolgere la critica radicale necessaria nei confronti dell’ordine sociale post-rivoluzionario, il rifiuto appassionato e intellettualmente coerente della prospettiva di un disarmante pessimismo è rimasto parte legittima e valida del suo discorso. Nel momento in cui il collasso definitivo dello Stato sovietico avrebbe minacciato anche il suo ultimo Prinzip Hoffnung, egli non era più in vita.
L’implosione del sistema capitalistico di tipo sovietico ha concluso un’esperienza storica durata sette decenni, rendendo storicamente superate tutte le teorizzazioni e le strategie politiche concepite nell’orbita della rivoluzione russa - sia in senso positivo che come varie forme di negazione. Il collasso del sistema non è separabile dalla crisi strutturale del capitale iniziata negli anni settanta. Quella crisi dimostrò chiaramente la vacuità delle strategie precedenti, fosse il progetto di Stalin di costruire il socialismo superando gli Stati Uniti nella produzione pro-capite di ghisa, o quello altrettanto assurdo del post-stalinismo di costruire una società comunista pienamente emancipata sconfiggendo il capitalismo con una competizione pacifica. Nel sistema capitalistico di fatto non ci può essere alcuna “competizione pacifica”; neppure quando una delle parti in competizione continua a illudersi di essere libera dalle deformanti costrizioni strutturali del capitale nella sua forma storicamente specifica”.

István Mészáros, filosofo ungherese (1930-2017). Allievo e poi assistente di Lukács. Partecipò attivamente alla rivoluzione del 1956. Con la repressione, ha dovuto lasciare l’Ungheria, rifugiandosi all’estero, dapprima in Italia e in seguito in Inghilterra. Ha insegnato all’Università St. Andrews in Scozia, all’Università di York/Toronto in Canada e all’Università del Sussex, dove è diventato professore emerito. Ha collaborato con numerose riviste, in primo luogo con la “Monthly Review”. Le edizioni Punto Rosso hanno pubblicato in italiano la sua opera principale, “Oltre il Capitale. Verso una teoria della transizione” (Milano, 2016).

pagg 380, 25 euro. ISBN 978883512773


Foto

prefazione di antonino infranca e postfazione di roberto mapelli

meszaroslukacs-prefazionepostfazione.pdf
File Size: 103 kb
File Type: pdf
Download File


Foto

Matteo Gaddi
SFRUTTAMENTO 4.0
Nuove tecnologie e lavoro
Introduzione di Sergio Bologna
“Le più sofisticate spiegazioni della trasformazione digitale contengono sempre una dose di triviale indottrinamento. Pur conoscendo solo una parte minima di quella letteratura, non ho dubbi che gli scritti di Matteo Gaddi appartengano a un’altra sfera, a un modo completamente diverso di vedere le cose. Per due ragioni. La prima, banalmente, perché Matteo scrive dopo aver visto, analizzato, studiato una novantina di situazioni di fabbrica, mentre di solito la base empirica su cui sono costruite le narrazioni è limitata a un numero ristretto di casi, se non a uno solo. Oppure sono ricerche effettuate con questionari su una larga base di esempi, ma dove il ricercatore non ha mai visto in faccia un lavoratore. Semmai ha intervistato un paio di manager. La seconda ragione è dovuta al fatto che Gaddi la ricostruzione dei sistemi digitali l’ha fatta assieme a quelli che ne sono l’appendice lavorativa, la funzione umana che aziona e al tempo stesso viene governata dai dispositivi. Gaddi ha parlato a lungo con gli operai”. (dalla introduzione di Sergio Bologna)

Matteo Gaddi (1975) è in aspettativa sindacale presso la Camera Territoriale del Lavoro di Reggio Emilia e collabora con diverse strutture regionali e territoriali della Fiom. E' membro del Comitato Scientifico della Fondazione Claudio Sabattini. Si occupa di inchieste sul lavoro ed in particolare di nuove tecnologie, organizzazione del lavoro, catene di produzione e politiche industriali. Per le Edizioni Punto Rosso ha pubblicato: "Industria 4.0 e il lavoro. Una ricerca nelle fabbriche del Veneto" (2018), "Industria 4.0: più liberi o più sfrutatti? L'industria 4.0 vista da chi lavora nelle aziende metalmeccaniche di Milano e Provincia" (2019). Ha inoltre curato i seguenti volumi: "Vittorio Rieser. Intellettuale militante di classe" (2015) e, con Luigi Vinci, "Il dibattito sul controllo operaio" (2020).

pagg 230, 18 euro. ISBN 978883512728


Satoshi Kamata
TOYOTA
La fabbrica della disperazione
Diario di un operaio stagionale

A cura e con Introduzione di Marco Vanzulli
Prefazione di Ricardo Antunes

Quando Satoshi Kamata scrisse questo diario-inchiesta, la Toyota era già il terzo produttore mondiale automobilistico dopo General Motors e Ford e le sue automobili si stavano rapidamente diffondendo anche nel mercato europeo. Pubblicato in Giappone nel 1973 (senza il nome “Toyota” nel titolo, che la direzione dell’impresa era riuscita a fare togliere), il libro venne tradotto dopo tre anni in Francia e da allora conoscerà una grande fortuna editoriale in varie lingue, diventando un classico dell’inchiesta operaia del Novecento. È un testo di denuncia della condizione operaia alla Toyota, dell’alienazione fisico-psichica sofferta dai lavoratori sotto l’imposizione dei ritmi e metodi produttivi della fabbrica e delle strategie occupazionali e gestionali dell’impresa giapponese che vale come riferimento della base su cui saranno successivamente impiantate tutte le tecniche di miglioramento dell’efficienza produttiva per cui il Toyota Production System è famoso. La prima parte del volume, la più cospicua, è la testimonianza diretta di Kamata, operaio stagionale: con uno stile sobrio, che non si lascia distogliere dal proprio proposito d’inchiesta e di denuncia, l’autore racconta giorno per giorno la propria vita e quella dei compagni alla catena di montaggio nell’officina di assemblaggio delle scatole del cambio della fabbrica principale della Toyota; nella seconda parte, Kamata, dopo un mese, ritorna alla Toyota per un’inchiesta esterna, più breve, complementare alla prima.

Satoshi Kamata (1938), giornalista indipendente e sociologo giapponese, operaio grafico in giovane età, si è occupato delle condizioni della classe operaia, scrivendo al riguardo inchieste e libri. A partire dall’incidente nucleare di Fukushima del 2011, milita anche nel movimento antinucleare.


Collana “Inchiesta” in collaborazione con il “Centro Studi Raniero Panzieri”
pagg 230, 18 euro. ISBN 978883512735

Foto

Foto

194 pagine
20 euro
isbn 9788883512681

URSULA HUWS
IL LAVORO NELL’ECONOMIA DIGITALE GLOBALE
Il Cybertariato diventa maggiorenne
a cura di roberto mapelli
traduzione di giancarlo e. saccoman


Nel 2003, la Monthly Review Press ha pubblicato una raccolta dei miei saggi risalenti alla fine degli anni ’70 con il titolo, The Making of a Cybertariat: Virtual Work in a Real World. Questo libro continua da dove si era interrotta quella, riunendo saggi scritti tra il 2006 e il 2013, un periodo tumultuoso nella storia del capitalismo e dell’organizzazione del lavoro. Nella raccolta precedente, uno dei miei temi centrali era la straordinaria capacità del capitalismo di sopravvivere alle crisi che periodicamente minacciavano di distruggerlo, generando nuove merci. Proprio nel momento in cui la sua logica di espansione sembra destinata a generare una saturazione dei mercati e una conseguente crisi di redditività, trova nuove aree vitali da includere nel proprio ambito, generando nuove forme di produzione di nuovi beni e servizi per i quali si possono creare nuovi mercati. Siamo ora entrati in un periodo in cui le nuove ondate di mercificazione avviate in periodi precedenti stanno raggiungendo la maturità. Le nuove merci sono state generate attirando nel mercato ancora più aspetti della vita che prima erano al di fuori dell’economia monetaria, o almeno di quella parte di essa che genera un profitto per i capitalisti. Sono ora emersi molti di questi campi di accumulazione, ciascuno con un diverso metodo di genesi delle merci, che costituiscono la base di nuovi settori economici ed esercitano impatti distintivi sulla vita quotidiana, inclusi lavoro e consumo. Includono biologia, arte e cultura, servizi pubblici e socialità.

Ursula Huws è una ricercatrice e una saggista indipendente. Insegna all’Università di Hertfordshire e dirige l’Analytica Social & Economic Research. Ha pubblicato molti libri e lavori di ricerca, tra cui, “Work in the European gig economy: Research results from the UK, Sweden, Germany, Austria, the Netherlands, Switzerland and Italy” (2017). I suoi ultimi libri sono “Labour in Contemporary Capitalism”, edito da Palgrave Macmillan UK, 2019 e “Reinventing the Welfare State”, edito da Pluto Press, 2020.


Ricardo Antunes
IL PRIVILEGIO
DELLA SERVITÙ
il nuovo proletariato dei servizi nell’era digitale
traduzione e cura di Antonino Infranca
Questo libro è un importante strumento per la comprensione della relazione tra capitale e lavoro. In Ricardo Antunes si incontrano due qualità raramente presenti nella stessa persona: una visione chiara della dinamica della ristrutturazione del capitalismo globale e un discernimento profondo di ciò che queste trasformazioni significano per i lavoratori. In questa opera, tali qualità si combinano per illuminare le drammatiche trasformazioni che il lavoro attraversa nel XXI secolo. La sua analisi mostra sia i meccanismi con i quali il lavoro è diventato più frammentato e precario che i processi con i quali i lavoratori perdono poteri. Con umanità e perspicacia, rivela l’impatto di tali trasformazioni sul benessere fisico e psicologico dei lavoratori e dimostra come questo porta a nuove formazioni di classe. Nel farlo, fornisce una guida preziosa sulle tendenze future che possono essere percorse sia dagli studiosi, che dai militanti che lottano dalla parte del lavoro Ursula Huws, professoressa dell’Università dell’Hertfordshire (Inghilterra)
Ricardo Antunes è un narratore lucido e appassionato dell’attuale processo di trasformazione delle condizioni del lavoro, esistenza e organizzazione dei lavoratori. La sua ricostruzione della nuova morfologia del lavoro è onnilaterale, perché mette in conto il Nord e il Sud del mondo, “vecchie” e nuove tecnologie, lavoro manuale e intellettuale, materiale e immateriale, contrattato e informale, qualificazione e dequalificazione del lavoro, lavoro nell’agricoltura, nell’industria e nel settore terziario, visibile e invisibile, produttivo e “improduttivo”, salariato e falsamente autonomo (le “cooperative”, certa “auto-imprenditorialità”, ecc.). Egli identifica la connessione sistemica tra le varie ed eterogenee concrezioni che il lavoro vivo presenta su scala mondiale con il fatto che questo è, oggi, più che mai, lavoro sociale, sociale e universale, “più complesso, socialmente combinato nella intensificazione dei suoi ritmi e nei suoi processi” di quanto fosse prima dell’era digitale. Pietro Basso, professore dell’Università “Ca’ Foscari” di Venezia (Italia)

Ricardo Antunes (São Paulo, 1953) è un sociologo brasiliano. Attualmente è docente presso l’Università Statale di Campinas (Unicamp). Ha una laurea in amministrazione pubblica della Getulio Vargas Foundation (FGV-SP), Master in Scienze Politiche da Unicamp (1980) e Dottore in Sociologia presso l’Università di San Paolo (1986). Attualmente è docente presso l’Istituto di Filosofia e Scienze Umane (IFCH) e insegna discipline come Sociologia del Lavoro e Sociologia di Karl Marx. Ricardo Antunes è uno dei più grandi conoscitori dell’opera di Marx in America Latina. Per le Edizioni Punto Rosso ha pubblicato “Il lavoro e i suoi sensi. Affermazione e negazione del mondo del lavoro”, Milano 2015.

pagg 314, 20 euro. ISBN 978883512452

Foto

Foto

Pagg 218
20 euro
​ISBN 978883512674

elio bonfanti
l'antitesi vigorosa
attualità del pensiero politico di antonio gramsci

Che si voglia o no Gramsci è conosciuto in Italia e nel mondo perché il suo editore è stato un partito politico che, anche se con tratti discutibili, ne ha fatto un autore capace di entrare, o attraverso il senso comune o attraverso lo studio e la militanza, in milioni di case nel nostro paese e nel mondo. Oggi sta a noi facilitarne il ritorno. La messa in circolo dei nuovi studi e delle nuove riflessioni, il ritorno al suo pensiero, il tornare ad usare le sue categorie, costituisce un’opera politica e militante di grande importanza, contribuisce a quella riforma intellettuale e morale di cui Gramsci voleva che i comunisti si facessero banditori. Queste umili note hanno questa ambizione e questo scopo.

Elio Bonfanti (Monza 1958). Vive a Trento; è stato nel 1974 fondatore a Trento di Avanguardia operaia e nel 1977 di Democrazia proletaria del Trentino. Consigliere circoscrizionale dal 1978 al 1980, poi consigliere comunale dal 1983 al 1999; assessore comprensoriale dal 1996 al 2001. Militante del movimento altermondialista, dal 2006 al 2010 è stato membro dell’Esecutivo nazionale di Sinistra europea. Per le Edizioni Punto Rosso ha pubblicato “La finanza cattolica. Dal Banco Ambrosiano a Papa Francesco” (2014).


AA.VV.
GENOVA...
CON NOI
​
Testimonianze e ragionamenti
di alcuni

protagonisti di Genova 2001

A cura di ELEONORA BONACCORSI E ROBERTO MAPELLI

Contributi di Mario Agostinelli, Marco Bersani, Raffaella Bolini, Eleonora Bonaccorsi, Valeria Carnevali, Peppe De Cristofaro, Claudio Jampaglia, Roberto Mapelli, Alessandra Mecozzi, Sisinnio Guido Milani, Alfio Nicotra.
​

In appendice
- I fatti di Genova G8 Cronistoria di quei giorni
- Genova 2001: una stagione ribelle declinata al futuro di Marco Bersani

Pagg. 172, 16 euro.
ISBN 9788883512650

Foto

Foto

György Lukács
LETTERATURA E DEMOCRAZIA
Il “dibattito Lukács” (1946-1949) e altri saggi
A cura di Antonino Infranca

Il lettore italiano ha finalmente a disposizione gran parte del materiale del famoso “Dibattito Lukács” che, nel 1949, causò l’abbandono, da parte di Lukács, della vita politica ungherese.
Il filosofo ungherese si dedicherà ai suoi studi di estetica e di filosofia, ritornando in politica per pochi giorni, nel 1956.
La presente raccolta di saggi ricostruisce quegli anni cruciali dal 1946 al 1948 in cui la speranza di costruire una vera democrazia socialista spinse Lukács a partecipare attivamente alla vita politica del suo paese. Una parte del suo autentico pensiero politico è contenuta proprio nei saggi di quel periodo. L’attacco feroce dei leader del regime stalinista ungherese fu scatenato dall’intervento di Fadeev, uno degli ideologi del dogmatismo staliniano, nel dibattito letterario ungherese.
I temi usati dagli stalinisti riecheggiano le direttive letterarie ed estetiche dettate dai nazisti e che Lukács aveva già denunciato nel suo saggio “La poesia bandita” del 1942. Lukács dovette difendersi, per il resto della sua vita, dalle accuse di privilegiare il realismo borghese da parte degli stalinisti e di considerare soltanto il realismo socialista da parte degli intellettuali occidentali. Quel dibattito, iniziato nel 1949, continua tuttora, a 50 anni dalla sua morte, a caratterizzare uno dei filosofi più importanti e controversi del ventesimo secolo.


Collana lucacciana, pagg 220, 18 euro.
ISBN 978883512636


György Lukács
DIALETTICA E IRRAZIONALISMO
Saggi 1932-1970

A cura di Antonino Infranca

I nove saggi che compongono questo volume coprono un arco temporale di quasi quaranta anni, ma presentano una costante stabilità di temi che è data dalla contrapposizione tra dialettica e irrazionalismo. Si tratta di due tematiche ampiamente affrontate da Lukács nell’intero corso del suo sviluppo intellettuale, ma che a partire dagli anni Trenta fino alla sua morte - che è l’arco temporale di questa raccolta di saggi - assume sempre più una determinazione politica ed etica. Non si tratta più di una contrapposizione tra dialettica e irrazionalismo che riguarda un’estraneità al proprio mondo, come fu per il periodo giovanile di Lukács, oppure una contrapposizione in cui la dialettica superava imperiosamente l’irrazionalismo, come nei primi tempi della sua adesione al movimento comunista. Adesso con il comparire del fenomeno inquietante del fascismo, Lukács si rende conto che la contrapposizione teorica ha assunto l’aspetto di una battaglia politica ed etica. Sono in gioco i destini dell’umanità e non più una scelta personale e individuale, oppure un momento di ripensamento di un’esperienza rivoluzionaria sconfitta dalla reazione. Adesso la lotta ideologica e politica è ricominciata e il valore di tale lotta è molto più alto, perché non si tratta di ripensare una rivoluzione, ma di salvare l’umanità.

pagg 200, 18 euro. ISBN 978883512537

Foto

Recensione di Sabato Danzilli
da Materialismo Storico, n° 1/2021 (vol. X)

15_recensioni_danzilli_luk_352-355_def_def.pdf
File Size: 149 kb
File Type: pdf
Download File


Foto

André Tosel
STUDI SU MARX (ED ENGELS)
Verso un comunismo della finitudine
Traduzione e cura di Marco Vanzulli

La parabola dei marxismi del XX secolo, che ha accompagnato la fine del comunismo di questo stesso secolo, è terminata. Se il legame con la pratica del marxismo in generale è ormai spezzato, il pensiero di Marx non è morto; è certo finito e circoscritto all’interno di un proprio contesto, ma la sua capacità di spiegazione rimane inesauribile, fintanto che sussiste il suo oggetto, il modo di produzione capitalistico; è un pensiero che sarà tanto più capace di generare mille marxismi inediti quanto più di esso ci si riapproprierà criticamente e a tal fine diviene filosoficamente strategica l’individuazione dei suoi presupposti filosofici problematici, tra i quali vi è il paradigma della produzione compreso nella prospettiva «grande borghesia» dell’illimitatezza dell’autoproduzione e della sua immaginazione di dominazione assoluta. Ma Marx si oppone a Marx ed è possibile delineare gli elementi di un comunismo della finitudine che anima la critica dell’economia politica e della valorizzazione capitalistica. La determinazione e lo sviluppo di questi elementi, intorno alle tematiche del lavoro, della politica, della giustizia e della scientificità, costituiscono il compito di questi studi. La fine del comunismo del XX secolo può aprirsi sul futuro di un comunismo della finitudine nel XXI secolo. Una prospettiva che può fornire le armi teoriche per analizzare e combattere il nichilismo della produzione capitalistica che minaccia il mondo con una barbarie inedita le cui premesse sono già qui davanti a noi, visibili a tutti coloro che le vogliono vedere. Nato prima di Marx e del comunismo fallito del XX secolo, il comunismo non si esaurisce nelle sue forme note ed esiste come tendenza sempre attualmente determinata. Lo sforzo di ripensare l’opera di Marx (e anche quella di Engels, compresi quegli aspetti più manifestamente discutibili) al di là della volontà nichilistica di potenza, al di là della coppia speculare del dominio e della servitù, intende contribuire alla determinazione di questo comunismo dell’avvenire e a mettere in luce la figura ancora enigmatica delle possibilità reali del nostro essere-in-comune.

André Tosel (15 giugno 1941 - 14 marzo 2017) è stato un filosofo marxista e accademico francese. Ha insegnato Filosofia alla Sorbona di Parigi fino a diventare professore ordinario di Filosofia all'Università di Nizza. È stato vicepresidente e direttore del Centro per la storia delle idee dal 1992 al 2003. È autore di molti libri sul marxismo e sui problemi teorici. (https://en.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Tosel).
pagg 136, 16 euro. ISBN 978883512544


UPRISING/SOLLEVAZIONE
Voci dagli Usa
R. Kushner, B. Cartosio, M. Diletti, A. Portelli, F. Fasce, F. Gambino, D. Balicco, C. Antonicelli, S. Bologna

Abbiamo visto gli Stati Uniti d’America bruciare, milioni di persone per le strade, Trump asserragliato nella Casa Bianca. Ne siamo rimasti stupiti, eppure è sembrata la cosa più naturale del mondo, e non ci è dispiaciuta. In molti si saranno chiesti: «Perché sta succedendo? Com’è possibile?», certo Trump e la sua arroganza, la violenza delle disuguaglianze sociali e della repressione erano già una miscela esplosiva, e adesso il Covid-19… Eppure queste risposte non bastano. Non possono bastare a rispondere alla domanda: «E qui da noi, quando vedremo una grande sollevazione popolare?».

Scrivevamo nel nostro Manifesto pubblicato un mese e mezzo fa: “Officina Primo Maggio è un progetto politico-culturale di parte, consapevolmente volto a esplorare le condizioni che rendono praticabile il conflitto, inteso come capacità di attivarsi da parte dei soggetti direttamente coinvolti nei processi produttivi, distributivi, insediativi ecc. Pur consapevoli che molte delle modalità in cui si è espressa la conflittualità sociale nel fordismo sono divenute obsolete, restiamo convinti che sul terreno del lavoro molto resti ancora da fare e da sperimentare, se teniamo conto non solo del conflitto dispiegato ma anche di quello tacito, intrinseco, latente e delle sue possibilità di espressione nell’universo digitale”.

Avevamo evocato la parola conflitto, e abbiamo quindi deciso di approfondire le vicende statunitensi. Ne è risultato un opuscolo, che probabilmente verrà superato dalla velocità degli eventi, ma che può essere prezioso per iniziare a capirci qualcosa.


Formato 11x16, pagg. 76, 10 euro
ISBN 9788883512247

Foto

Foto

leggi le conclusioni

eow-ur-conclusioni.pdf
File Size: 86 kb
File Type: pdf
Download File

Erik Olin Wright
UTOPIE REALI
A cura di Roberto Mapelli e Alessio Olivieri
Traduzione di Nunzia Augeri e Alessio Olivieri

C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui sia i critici che i sostenitori del capitalismo credettero che “un altro mondo fosse possibile”. Questo altro mondo era generalmente chiamato “socialismo”. Per quanto la destra condannasse il socialismo, perché violava i diritti individuali di proprietà privata e produceva mostruose forme di oppressione statale, e la sinistra dicesse che il socialismo era l’apertura di nuovi orizzonti di uguaglianza sociale, entrambe credevano che una alternativa fondamentale al capitalismo fosse possibile.
La maggior parte delle persone oggi nel mondo, specialmente nelle sue regioni più sviluppate, non crede più in questa possibilità. Il capitalismo sembra parte dell’ordine naturale delle cose, e il pessimismo ha rimpiazzato l’ottimismo della volontà che Gramsci un tempo diceva essere necessario per trasformare il mondo.
In questo libro spero di contribuire a ricostruire la percezione di una possibilità per un cambiamento sociale in direzione dell’emancipazione indagando la praticabilità di tipi di istituzioni radicalmente differenti e di relazioni sociali che possano potenzialmente far avanzare gli obiettivi democratici ed egualitari storicamente associati all’idea di socialismo.
In parte questa indagine sarà di tipo empirico, indagando casi di innovazioni istituzionali che incarnino in modo o nell’altro alternative di emancipazione alle forme dominanti di organizzazione sociale; in parte sarà invece più speculativa, esplorando proposte teoriche che non sono astate ancora implementate, ma che, cionondimeno, riguardano progetti realistici di assetti istituzionali e di fattibilità sociale. L’idea è quella di fornire un fondamento empirico e teorico a visioni radicali di tipo democratico egualitario per un’alternativa sociale globale.

Opere di Erik Olin Wright, pagg. 400, 25 euro


Erik Olin Wright
CAPIRE LA CLASSE
Per “erodere” il capitalismo

A cura di Roberto Mapelli e Alessio Olivieri Traduzione di Alessio Olivieri
I saggi raccolti in questo volume sono stati scritti fra il 1995 e il 2015. Essi rispondono a tre intenti: interrogare gli approcci all’analisi di classe di specifici autori che lavorano all’interno di una varietà di tradizioni teoriche; sviluppare quadri generali di analisi di classe che possano aiutare ad integrare gli spunti provenienti dalle diverse tradizioni teoriche; analizzare il problema del conflitto di classe e del compromesso di classe nel capitalismo contemporaneo. La maggior parte dei capitoli di questo volume sono dedicati al primo di questi obiettivi, esplorando in dettaglio le questioni teoriche presenti all’interno del lavoro di una molteplicità di autori che hanno declinato il concetto di classe in diversi modi: Max Weber, Charles Tilly, Aage Sørensen, Michael Mann, David Grusky e Kim Weeden, Thomas Piketty, Jan Pakulski e Malcolm Waters, e Guy Standing. Il mio approccio alla classe è fermamente innestato nella tradizione marxista, mentre nessuno di questi autori adotta un tale approccio e alcuni sono apertamente ostili al marxismo… Mentre ci possono essere circostanze di dibattito intellettuale dove sbaragliare l’oppositore è appropriato, in questi saggi il mio obiettivo è comprendere cosa sia la cosa più utile ed interessante, piuttosto che prioritariamente indicare cosa sia sbagliato nel lavoro di un particolare autore. Si potrebbe definire un’analisi centrata sulle virtù invece che sui difetti… La tradizione marxista è un prezioso e interessante corpus di idee perché individua con successo i reali meccanismi che riguardano un ampio raggio di problemi importanti, ma non costituisce un compiuto paradigma capace di spiegare esaustivamente tutto il sociale o sussumere tutti i meccanismi sociali sotto una cornice unitaria. Inoltre esso non ha un monopolio nella capacità di identificare i meccanismi reali, pertanto in pratica la ricerca sociologica fatta dai marxisti dovrebbe combinare meccanismi propriamente marxisti con qualunque altro processo causale sembri pertinente al fine in questione. Ciò che potrebbe essere chiamato “realismo pragmatista” ha sostituito la Grande Battaglia fra Paradigmi... Io continuo a ritenere che l’analisi di classe marxista sia superiore alle altre tradizioni rispetto ad uno spettro di questioni che ritengo di fondamentale importanza, specialmente quelle concernenti la natura del capitalismo, i suoi danni e contraddizioni, e le possibilità di una sua trasformazione. Ma anche rispetto a queste tematiche centrali del marxismo, le altre tradizioni analitiche hanno qualcosa da offrire.

Erik Olin Wright (1947-2019) è stato un sociologo marxista statunitense. È stato professore di sociologia all’Università del Wisconsin. Wright ha iniziato a contribuire alla comunità intellettuale a metà degli anni ’70, insieme ad una generazione di giovani accademici radicalizzati dalla resistenza alla guerra del Vietnam e dal movimento dei diritti civili. Da quel momento si è distinto per il suo costante impegno nella ricerca per più di un quarto di secolo. Nel 2012 Wright è stato eletto Presidente dell’Associazione Sociologica Americana. Per le edizioni Punto Rosso è uscito nel 2018, Per un nuovo socialismo e una reale democrazia. Come essere anticapitalisti nel XXI secolo

Pagg. 316, 18 Euro

Foto

Foto

scheda di lettura
a cura di riccardo barbero

eow-socxxi-schedalettura.pdf
File Size: 100 kb
File Type: pdf
Download File

Erik Olin Wright
PER UN NUOVO SOCIALISMO E UNA REALE DEMOCRAZIA
Come essere anticapitalisti nel XXI secolo

A cura di Rosa Fioravante e Roberto Mapelli. Traduzione di Nunzia Augeri

“Il capitalismo sembra inattaccabile. Il dissesto e in certi casi la disintegrazione dei partiti politici tradizionali ha generato un senso di impotenza e di paralisi politica. Ciò ha aperto la strada al sorgere di un populismo di destra e nazionalistico. Si può facilmente immaginare un futuro in cui verrà accelerata l’erosione della democrazia liberale per scivolare verso forme di governo molto più autoritarie, anche se nominalmente ancora democratiche… Ma questa non è l’unica possibilità. Il capitalismo quale esiste oggi nel mondo non deve rappresentare a tutti i costi il nostro futuro. Il rifiuto popolare del capitalismo è diffuso anche se manca la fiducia nella possibilità di un’alternativa di sistema. Si possono rintracciare ovunque sforzi di resilienza per fuggire le depredazioni del capitalismo e costruire nuove maniere di organizzare la vita economica. E si verificano seri tentativi di creare nuove formazioni politiche, a volte entro gli stessi partiti tradizionali della sinistra, a volte come partiti nuovi. Esiste veramente il potenziale per costruire un’ampia base sociale per una nuova era politica progressista. Le vicende della storia e l’azione degli attori collettivi decideranno se questo potenziale potrà realizzarsi”.

Il libro si spinge a fornire un legame solido tra un’analisi del capitalismo, con tratti molto innovativi, e la costruzione di alcuni lineamenti fondamentali di un nuovo modello economico socialista centrato su una democrazia reale. E lo fa con tale precisione e perseveranza da far diventare questo quadro fungibile fin da subito ad una sua trasformazione in un vero e proprio programma politico “fondamentale”.
Crediamo ovviamente che questo non avvenga a caso, vista la militanza dell’autore nella nuova “ondata socialista” presente nel mondo anglosassone, in special modo negli Stati Uniti.
Ma per noi rappresenta una salutare novità: lo sforzo continuo di declinare le analisi e i concetti, e quindi il lavoro intellettuale, alla sua possibile funzionalità politica, spendibile nel presente delle lotte e nell’organizzazione di alternative praticabili.
Nel nostro paese, in una situazione disastrosa, con la sinistra sociale e politica in estrema difficoltà, e realmente a corto di idee, di fronte ad uno strapotere della destra, cosiddetta “populista”, che però è assai incline a difendere il peggior potere capitalistico, questa “piccola” proposta di riaggregazione teorica e pratica ci pare non solo molto preziosa, ma anche molto concreta e utilizzabile.
(dalla Prefazione alla edizione italiana)

Pagg.198, 17 euro.


Foto

Sergio Dalmasso
LUCIO LIBERTINI
Lungo viaggio nella sinistra italiana

Postfazione di Luigi Vinci
In appendice alcuni artico di Libertini usciti sulla rivista “La sinistra”

Lucio Libertini (Catania 1922-Roma 1993) ha militato, dall’immediato dopoguerra alla morte, nella sinistra italiana, da una corrente socialista minoritaria alla sinistra socialdemocratica, dall’eresia dell’USI di Magnani e Cucchi alla sinistra socialista, dall’eretica collaborazione con Panzieri al PSIUP, dal PCI a Rifondazione comunista.
Al di là delle banali accuse di essere uno “scissionista”, un “globe trotter della politica”, Libertini rivendicava una coerenza, una continuità davanti ai tanti che avevano modificato non sigle di partito, ma posizioni e scelte ideali, sostenendo una fedeltà ai propri riferimenti sociali e una linearità, nel doppio rifiuto dello stalinismo e della compromissione socialdemocratica.
Il suo grande attivismo, le capacità giornalistiche espresse da “Iniziativa socialista” a “Risorgimento socialista”, da“Mondo operaio” all’“Avanti!”, da “Mondo nuovo” a “Liberazione”, la intensa produzione di testi, sempre legati alla contingenza politica, ma molto spesso di prospettiva (per tutti le “Tesi sul controllo” e “Due strategie”) hanno fatto di lui, per anni, un riferimento importante.
Se molte delle formazioni in cui ha militato sono oggi sconosciute ai più, sommerse nelle infinite scissioni, divisioni e rimozioni della sinistra, alcune tematiche mantengono una specifica attualità: la ricerca di una via autonoma e non subordinata; il legame costante con la classe; la necessità di un protagonismo della stessa espressa dai suoi strumenti di controllo e di auto organizzazione; una lettura dei temi internazionali che esca dai limiti del campo e dello stato-guida.
Il testo passa in rassegna “eresie” dimenticate, dibattiti, scelte generose anche se minoritarie, figure della sinistra maggioritaria e di un’altra sinistra (Magnani, Codignola, Maitan, Panzieri, Ferraris) sconfitta ed emarginata, con opzioni differenti, ma capace di analizzare la realtà nazionale e internazionale, le sue trasformazioni, le prospettive.
Attraverso il percorso di Lucio Libertini, il testo ripercorre mezzo secolo di storia, di successi, errori, scacchi, potenzialità, speranze, occasioni mancate dell’intera sinistra italiana.

Sergio Dalmasso è nato a Boves (Cuneo). Vive a Genova. E’ stato per quarant’anni insegnante di scuola media superiore. Militante della sinistra, dal movimento studentesco a Manifesto, PdUP, DP, Rifondazione. E’ stato consigliere comunale, provinciale, regionale. Già redattore di riviste storiche, si occupa di storia del movimento operaio, della sinistra politica e sociale in Italia, della stagione dei movimenti, di figure dei partiti di sinistra. Ha recentemente pubblicato per la Redstarpress due brevi biografie su Lelio Basso e Rosa Luxemburg. Cura i quaderni “Storia, cultura, politica” del CIPEC.

Pagg. 250, 18 euro. ISBN 9788883512414


Foto



Donato Scienza
UN BATMAN INADEGUATO
Poesie e racconti
Prefazione di Franco Ricciardiello

Mi sento Batman. Un Batman vulnerabile. Che quando passa, i bambini ridono. Un Batman che ha sbagliato la taglia del suo costume. Un Batman bravissimo ad annodarsi la cravatta ed a radersi ogni mattina in costume. E’ questione di taglie. Ogni giorno
Questo inadeguato Batman è un uomo che ha vissuto. Scrive di cose comuni, amore, rimpianti, la nebbia, le gomme dure delle biciclette, e di altre meno ordinarie, l’Australia, Freud e Lacan, l’essere antifascista. Quando racconta l’amore sembra che parli di politica, quando scrive di anarchia sembra il testo di una canzone d’amore - ma è giusto così, perché c’è più significato nelle parole che nella vita, e c’è più sentimento nei segni che nel loro significato.(dalla Prefazione)


Donato Scienza, nato a Vercelli, città in cui vive, è un Ghost writer che da un po' di tempo si sta dedicando alla scrittura in proprio. Per edizioni punto rosso, ha pubblicato il libro di poesie più un racconto "Ora il Mostro vive in me ed ogni tanto se ne esce e va a pisciare." (Febbraio 2020)
Pagg 116, 10 Euro ISBN 9888883512605


Donato Scienza
ORA, IL MOSTRO, VIVE IN ME ED OGNI TANTO SE NE ESCE E VA A PISCIARE
Poesie e un racconto

Prefazione di Pierpaolo Ascari

Non è fuoco,
l’odore del sesso
acceso.
E’ lacrima dolce.
Da bere.

… E dentro questo corpo sempre innamorato e intelligente, quella di Donato Scienza che raccoglie il piscio degli angeli e si raccomanda di sputare qualunque rimasuglio di dio, si direbbe quasi una mistica. Anche mondana, eventualmente, come quando compie il gesto di aprire la portiera di un’automobile immaginaria soltanto per testimoniare la propria devozione a una compagna.
L’importante, sembra dire, è impedire a qualunque divinità di usurpare il senso delle nostre azioni, della malattia, di una dedica fatta alla radio locale o dell’ultimo bacio che sarà, perché a redimere ogni vita sia sempre e soltanto la vita stessa… (dalla Prefazione)

Donato Scienza (3 dicembre 1963) è nato a Vercelli, città in cui vive. Ha fatto mille lavori. Ora scrive come ghost writer per conto di agenzie. Anarchico, ex cantante, ex commerciante, ex operaio. Insomma, un ex.

Pagg 110, 9 Euro
ISBN 9888883512407

Foto

Foto

Luigi Vinci
RISCRIVERE MARX

Questo libro si compone di tre saggi che affrontano l’opera complessiva di Marx sotto diverse angolature e che sono intitolati Ontologia, Gnoseologia, Politica. Esso, aggiungo, è parte di una mia ricerca più ampia, intenzionata alla storicizzazione di quella grande parte del marxismo che muove dall’opera teorica e pratica di Marx e di Engels e che si chiude con quella di Lenin.
Inoltre, nei tre saggi spesso ho richiamato osservazioni e punti di vista di figure di importanti studiosi o di grandi marxisti del Novecento.


Luigi Vinci è stato un protagonista della storia della nuova sinistra italiana. Giovanissimo, aderisce alla Federazione Giovanile Comunista Italiana, di cui diverrà nel 1958 membro della Segreteria milanese. Entra, a partire dal 1962, in un rapporto sempre più difficile con il PCI; nel 1964 esce dal suo apparato, nel 1967 si dimette da esso. Concorre alla costruzione, all’inizio del 1968, di Avanguardia Operaia, poi, nel 1976, di Democrazia Proletaria. Per due anni sarà senatore e successivamente per dieci anni parlamentare europeo per il Partito della Rifondazione Comunista. Per le Edizioni Punto Rosso ha scritto numerosi libri, e saggi interni a libri di vari altri autori, orientati all’attualità politica o a una riscrittura ampia del marxismo: “Il ritorno in Occidente della lotta di classe” (2012), “Il problema di Lenin” (2014), “Bivio Europeo” (2017), “Democratismo socialismo marxismo” (2017), “Unione Europea a rischio di collasso” (2018), “1895-1914 La lezione mancata” (2018); a ciò è da aggiungere il saggio in Introduzione a “Il dibattito sul controllo operaio” (2019), nel volume omonimo, e in accompagnamento all’Introduzione di Matteo Gaddi.

Pagg. 710, 25 Euro


Giorgio Galli Francesco Bochicchio

IL POPULISMO ANTICAPITALISTICO
Ruolo storico-politico e suoi limiti

Due voci critiche (e diverse) sul rapporto tra populismo e sinistra radicale, sia dal punto di vista teorico, che da quello della prassi politica nell’arco storico e nella attualità. Il primo saggio ha un taglio prevalentemente storico anche se molto “eterodosso”, con un uso “originale” della analogia storica. Il secondo ha un impianto di analisi e di metodo rigorosamente marxista, usato per fornire chiavi di lettura utili dal punto di vista politico.
Una lettura forse spesso contraddittoria, ma utile per orientarci nei tempi difficili in cui navighiamo, spesso senza alcuna bussola.


Giorgio Galli ha insegnato per oltre trent’anni Storia delle dottrine politiche all’Università di Milano ed è uno dei maggiori politologi italiani. Francesco Bochicchio è avvocato, esperto di diritto dei valori mobiliari, del settore finanziario e di diritto bancario. Insieme hanno pubblicato “Scacco alla Superclass” (2016) e “Arricchirsi impoverendo. Multinazionali e capitale finanziario nella crisi infinita” (2018), entrambi per Mimesis edizioni.


Pagg. 276, 18 Euro

Foto

LA VOSTRA LIBERTÀ E LA MIA
Abdullah Öcalan e la questione curda nella Turchia di Erdoğan
A cura di Thomas Jeffrey Miley e Federico Venturini
Traduzione dall’inglese di Diletta Anselmi


“Solo gli uomini liberi possono negoziare. Un detenuto non può stipulare contratti... Non posso e non assumerò alcun impegno in un momento in cui io e te, il popolo, non siamo liberi. La tua libertà e la mia non possono essere separate.” (Da una lettera di Nelson Mandela durante la sua prigionia, 10 febbraio 1985)

Un rivoluzionario imprigionato in una fortezza isolana può essere la chiave per la pace in Medio Oriente. Dalle mura della prigione turca Abdullah Öcalan, leader del movimento di liberazione, ha proposto una soluzione politica all’interminabile conflitto turco-curdo, portando molti a descriverlo come “il Mandela curdo”. Le sue idee sulla democrazia diretta e sulla liberazione delle donne hanno ispirato la rivoluzione del Rojava nel nord della Siria.
Mentre la Siria veniva devastata dalla guerra civile e la Turchia precipitava nell’autoritarismo, una delegazione internazionale di pace, guidata da Essa Moosa, l’avvocato di Mandela, ha tentato due volte di incontrare Öcalan nella sua prigione sull’isola di İmralı. Questo libro è il frutto di queste importanti delegazioni.
La vostra libertà e la mia offre un’analisi della drammatica storia passata, della complessa realtà presente e delle possibili prospettive future della questione curda in Turchia, incrociando sondaggi storici, report sui diritti umani, interviste, resoconti personali, indagini geopolitiche e approfondimenti filosofico-politici. Il volume è il risultato del notevole lavoro di venticinque collaboratori, tra cui politici, accademici, giornalisti e varie figure chiave all’interno del movimento curdo.

Dr. Thomas Jeffrey Miley, è attualmente docente di sociologia politica all’Università di Cambridge. Ha conseguito il dottorato di ricerca all’Università di Yale (2004) e ha tenuto lezioni all’Università di Yale, alla Wesleyan University e alla Saint Louis University (Madrid). È stato ricercatore presso la Garcia-Pelayo presso il Center for Political and Constitution Studies di Madrid (2007-2009). È membro delle delegazioni internazionali di pace İmralı organizzate dalla Commissione Civica dell’EU-Turchia (EUTCC).

Dr. Federico Venturini è ricercatore all’Università di Udine con un dottorato in geografia presso l’Università di Leeds riguardante l’ecologia sociale e i movimenti urbani a Rio Di Janeiro. Dal 2013 è membro del comitato consultivo dell’Istituto transnazionale di ecologia sociale. Fa parte delle delegazioni internazionali di pace İmralı organizzate dalla Commissione Civica dell’EU-Turchia (EUTCC).


Pagg 498, 25 Euro ISBN 9888883512384

Foto

Foto

Abdullah Öcalan
Scritti dal carcere

CIVILTÀ E VERITÀ
L’era degli Dei mascherati e dei Re travestiti


MANIFESTO DELLA CIVILTÀ DEMOCRATICA - Volume 1

Introduzione di David Graeber

Il sistema di civiltà statalista, sorto sulla base della formazione intrecciata di classi, città e Stato, si è moltiplicato fino alla fase finanziaria, l’ultima fase del capitalismo, che si basa principalmente sullo sfruttamento e sull’oppressione delle comunità agricole e dei villaggi e, più
tardi, dei lavoratori urbani. Se la civiltà statalista vecchia di cinquemila anni è in grado di continuare la sua esistenza a dispetto della civiltà democratica, è essenzialmente dovuto alla sua egemonia ideologica. Sistemi basati sulla coercizione e la tirannia possono avere successo solo se hanno egemonia ideologica. Pertanto il conflitto principale non è solo a livello di divisione di classe, ma anche a livello di civiltà.
La lotta storica, che può essere fatta risalire ad almeno cinquemila anni fa, è essenzialmente tra civiltà-Stato e civiltà democratica; quest’ultima formata da comunità pre-statali agricole e di villaggio.
Tutte le relazioni ideologiche, militari, politiche e economiche, tutti i conflitti e le lotte, avvengono sotto questi due principali sistemi di civiltà.

Pagg. 226, 20 Euro
ISBN 978-88-8351-218-6


Foto

Il dibattito sul controllo operaio
Uscito sulla rivista “Mondo Operaio” dal dicembre 1957 al marzo 1959

Introduzioni di Matteo Gaddi Luigi Vinci

Questo libro raccoglie il dibattito sul controllo operaio che si è svolto dal dicembre 1957 al marzo 1959, sulla rivista teorica del Psi, “Mondo operaio”, diretta da Raniero Panzieri.

Il dibattito è introdotto da due corposi saggi di Matteo Gaddi e Luigi Vinci che, oltre a ragionare sui temi del testo, hanno il compito di inquadrare questo dibattito nel periodo che va dall’immediato dopoguerra agli anni settanta e di proporne una possibile attualizzazione.

Collana Il presente come storia,
formato 17x24 pagg. 356, 20 euro


Armando Boito
RIFORMA E CRISI POLITICA IN BRASILE
I conflitti di classe nei governi del PT

Traduzione e cura di Marco Vanzulli

Nel giro di soli tre anni, il Brasile è passato da un governo riformista di centro-sinistra, che ha implementato una politica economica e sociale favorevole alla crescita economica e alla riduzione della povertà e anche una politica estera più indipendente dagli Stati Uniti, a un governo di estrema destra, che potremmo definire neofascista, ultraliberale in economia e passivamente subordinato agli interessi dell’imperialismo Usa. La grande maggioranza degli analisti della politica brasiliana è rimasta sorpresa da questa svolta radicale. Questo libro analizza la politica di questo periodo. L’approccio teorico di questo lavoro è raro di questi tempi: esamina i conflitti politici, istituzionali e di idee come espressioni – certo complesse e attive – di conflitti di classe e frazioni di classe presenti nella società. Si dimostra in tal modo che la faccia brutale della società brasiliana, che ora si mostra a tutti, era presente fin da prima, anche se non rilevata nelle indagini teoriche prevalenti nella Scienza Politica. Il libro presenta al lettore un nuovo ritratto dei governi guidati dal Partito dei Lavoratori (PT) tra il 2003 e il 2016, della crisi politica che ha portato alla deposizione di Dilma Rousseff (PT) dalla presidenza della repubblica nel 2016 e dell’ascesa al potere dell’estrema destra nel 2018. L’autore s’interroga anche sulle sfide e sui compiti del movimento democratico e popolare nell’attuale contesto brasiliano.

Armando Boito è professore di Scienze Politiche all’Università Statale di Campinas (Unicamp) e direttore della rivista «Crítica Marxista» (Brasile). La sua ricerca verte intorno alla politica brasiliana e alla teoria politica marxista, materie su cui ha pubblicato diversi libri e articoli su riviste brasiliane e internazionali.


pagg. 274, 12 euro
ISBN 978-88-8351-217-9

Foto

György Lukács

Lukács parla
Interviste (1963-1970)

A cura di Antonino Infranca

In questo volume sono riunite dieci delle numerosissime interviste che il vecchio Lukács concesse negli ultimi anni della sua vita. Si va dal dicembre 1963 fino a poche settimane prima della sua morte, nel giugno 1971.
Gli argomenti si ripetono, come è naturale che avvenga in quanto le interviste sono concesse sempre a interlocutori diversi, ma anche quando avvengono queste ripetizioni, il lettore si renderà conto che la seconda o terza volta che Lukács tratta di un argomento lo fa in una forma nuova, più approfonditamente, più dettagliatamente, il che denota il fatto che abbia riflettuto sul tema, lo abbia ridefinito, lo abbia considerato da una prospettiva ogni volta diversa.
Le lingue sono quattro e tutte parlate da Lukács, vanno dal francese all’inglese, dall’ungherese al tedesco. Le traduzioni sono avvenute dall’inglese, dal tedesco e dall’ungherese, mentre le interviste concesse in francese esistevano già in italiano e, qui, si è riproposta quella versione originaria. Sono quasi tutte della stessa dimensione, con un’unica eccezione, la lunga intervista concessa al suo allievo Ferenc Fehér e indirizzata ai soli membri del Comitato Centrale del Partito Operaio Socialista Ungherese. Si tratta, quindi, di un’intervista molto particolare, innanzitutto perché la traduzione italiana è la prima traduzione di questa intervista, poi perché il tono di Lukács è molto polemico verso i suoi futuri lettori: è sicuro di non convincerli, ma vuole dirgli, con la sua consueta chiarezza, cosa pensa della situazione del partito, dell’Ungheria, dell’Urss, del mondo, senza aspettarsi consenso.

Collana lucacciana, pagg. 200, 18 euro

Foto

recensione di lelio la porta uscita su
"marxismo oggi"

lukacsparla-recleliolaporta.pdf
File Size: 63 kb
File Type: pdf
Download File


Luigi Vinci

1895-1914
La prima grande crisi
epistemologica del marxismo. La lezione mancata


Irrompono prepotentemente temi e problemi nuovi: Seconda Rivoluzione Industriale, welfare, democrazia
parlamentare, imperialismo


Capitolo I. Seconda Rivoluzione Industriale, Lunga Depressione del 1873-95, questione del partito, questione della democrazia, questione delle riforme, questione quindi delle forme del passaggio al socialismo e questione dei loro contenuti. Risposta determinista (la necessità del “crollo” capitalistico) al tema della portata della crisi in corso dell’economia. Dunque la formazione, parzialmente introdotta da Engels, sviluppata da Kautsky, del “marxismo ortodosso”

Capitolo II. Come l’eredità di Marx si sia rivelata solo in parte ridotta fungibile agli eredi partecipi della fase del modo di produzione capitalistico successiva a quella in cui egli aveva operato, che verrà a costituirsi nel contesto della Lunga Depressione 1873-1895; e come tale ridotta fungibilità si debba largamente a quegli elementi di dipendenza dall’hegelismo che in Marx formano il livello più astratto e generale, ontologico, di riflessione

Capitolo III. Alla vigilia del Bernstein-Debatte

Capitolo IV. Esplode, a seguito degli articoli del 1896 di Bernstein sulla Neue Zeit, la prima “crisi epistemologica” in seno al marxismo: niente delle previsioni dei marxismi precedenti riscuote riscontri, anzi quelli in campo la invalidano in radice. I caratteri assunti in Occidente dal capitalismo dei quali verso la fine dell’Ottocento comincia a ragionare la socialdemocrazia tedesca, la sua coessenziale discussione sulla transizione al socialismo e sulle forme di quest’ultimo, l’opinione in essa quasi generale, benché al tempo stesso disomogenea, che il socialismo sia la realizzazione di organiche riforme economiche e politiche

Capitolo V,. Costituzione graduale dei fattori che porteranno alla Prima Guerra Mondiale, loro accelerazione. Il dilagare in Europa del nazionalismo, i tentativi della II Internazionale di impedire la guerra, il suo scoppio, il passaggio sciovinista del grosso dei suoi gruppi dirigenti, il suo collasso

Luigi Vinci è stato un protagonista della storia della nuova sinistra italiana, prima in Avanguardia Operaia e poi in Democrazia Proletaria. Per dieci anni è stato parlamentare europeo per il Partito della Rifondazione Comunista. Per le Edizioni Punto Rosso ha pubblicato diversi libri, tra cui Il problema di Lenin (2014), Bivio europeo (2017), Democratismo, socialismo, marxismo (2017) e Unione Europea a rischio collasso (2018).

Pagg. 458, 20 Euro.


Foto

Foto

recensione... di  stefano petrucciani

Foto

Alfred Schmidt
IL CONCETTO DI NATURA IN MARX
Prefazione di Lucio Colletti Con una nuova introduzione di Riccardo Bellofiore e l’Introduzione alla edizione tedesca del 1993 In aggiunta Alfred Schmidt, “Sul concetto di conoscenza nella critica dell’economia politica” (con un commento di Oskar Negt) A cura di Stefano Breda

Il libro che qui si ripresenta è stato tradotto in molte lingue (c’è chi ha contato sino ad almeno 18 traduzioni). La traduzione italiana (Laterza) fu la prima, nel 1969, seguita da quella inglese (New Left Books) nel 1971, da quella messicana (Siglo XXI) nel 1976, e da quella francese (Presses Universitaires de France) nel 1994. Il testo è di una maturità straordinaria, redatto con una scrittura di rara chiarezza e con movenze teoriche che talora segnalano uno scarto rispetto all’eredità francofortese, anche se minore di quanto parve a Lucio Colletti nella prefazione per Laterza.
Al cuore dell’impostazione del volume sta essenzialmente una duplice prospettiva, che dà corpo e sangue al materialismo di Schmidt: per un verso, una lettura del rapporto tra essere umano e natura come relazione tra soggetto e oggetto nel lavoro; per l’altro verso, il medesimo rapporto come definizione dell’originalità di Marx sul terreno della teoria della conoscenza. Il primo versante definisce l’anti-idealismo dell’autore del Capitale; il secondo versante chiarisce in che senso Marx si ponga sulle orme di Hegel. La compenetrazione di natura e società avviene all’interno della natura: una valida teoria della società si dà solo sul presupposto di un materialismo naturalistico, per cui mai la natura può essere intesa come un derivato rispetto all’idea. Il punto di partenza non è lo Spirito Assoluto ma gli esseri umani in carne ed ossa. (Dalla Introduzione di R. Bellofiore)

Alfred Schmidt (1931-2012) studiò inizialmente storia, inglese e filologia all’Università di Francoforte e successivamente filosofia e sociologia. Allievo di Theodor W. Adorno e Max Horkheimer, si laureò in filosofia con una dissertazione sul concetto di natura negli scritti di Karl Marx. Nel 1972 Schmidt divenne professore di filosofia e sociologia all’università di Francoforte succedendo a Jürgen Habermas sulla cattedra di Max Horkheimer. Nel 1999 fu nominato professore emerito di quella stessa università.

Edizioni Punto Rosso - Collana MARX200MARX, 302 pagine, 20 Euro


Foto

Luigi Vinci
DEMOCRATISMO SOCIALISMO MARXISMO
Per un marxismo e un
socialismo del XXI secolo

Aprire l’“asse” teorico Lenin-Gramsci-Lukács al confronto, reciprocamente critico, con le culture liberali-democratiche e democratico-socialiste del Novecento e di questo scorcio di Duemila, avendo a obiettivi il più avanzato universalismo democratico e il contrasto aperto alla catastrofe globale nella quale il capitalismo sta gettando il pianeta.
Aprirsi all’insieme delle questioni etiche, gnoseologiche, prasseologiche, epistemologiche, politiche orientate alla migliore cognizione delle formazioni sociali, del conflitto di classe, di quello di genere, delle domande delle popolazioni oppresse, quindi orientate all’adeguatezza e alla completezza degli obiettivi assai complessi di un passaggio di sistema.

Queste frasi sono quanto di meglio mi sia riuscito nel tentativo di definire l’intenzione di base di questo testo. Esso esprime anche una sorta di bilancio del mio itinerario politico, avviato a fine 1953, avevo compiuto i quattordici anni e mi ero appena iscritto alla Federazione Giovanile Comunista Italiana. Da allora sono sempre stato comunista, e mi ritengo in cuor mio tuttora tale, benché la parola nel frattempo si sia estremamente logorata, sia alla ricerca di una sua più valida sostituzione e sia bene che ciò riesca ad avvenire, possibilmente con la medesima capacità di evocare, di emozionare e di attivare il meglio negli esseri umani che un tempo aveva, in Italia e nel mondo.
Gli scritti riportati in questo testo hanno consistenza eterogenea: alcuni sono estesi, altri hanno consistenza ridotta. Linguaggio e stili espressivi non sono omogenei e a volte risultano inutilmente complicati. Non escludo affatto, oltre ai refusi, errori di varia portata e natura. Il problema che al momento di avvio di questo scritto avevo del tutto sottovalutato è la sua richiesta infinita di aggiunte. Per alcuni aspetti sostanziali esso è in realtà una sorta di diario. Ma a un certo momento mi sono costretto a chiudere, anche perché la mia capacità lavorativa in questi ultimi tre-quattro anni si è molto ridotta. Gli eventuali lettori noteranno come abbia introdotto in questo testo scritti che tendono ad andare più o meno estesamente oltre le intenzioni di base. La giustificazione di ciò è semplicemente la mia perdurante curiosità nei confronti di un sacco di cose. I lettori noteranno senz’altro il mio eccesso di meticolosità in sede di cenni biografici relativi a figure, organizzazioni, correnti di pensiero, momenti storici o politici. Il fatto è che la sostanziale totalità di ciò che essi hanno rappresentato è stato escluso, anche quando fosse relativamente recente, dalla possibilità di sopravvivere e, nei suoi stessi errori, di insegnare. Si tratta di uno dei tratti più preoccupanti della contemporaneità, quello della sua staticità atemporale e aspaziale, quindi del suo drammatico vuoto, denunciati da Bauman. Può quindi tornare utile a qualche lettore sapere di loro.

Luigi Vinci è stato un protagonista della storia della nuova sinistra italiana, prima in Avanguardia Operaia e poi in D mocrazia Proletaria. Per dieci anni è stato parlamentare europeo
per il Partito della Rifondazione Comunista. Per le Edizioni Punto Rosso ha pubblicato diversi libri, tra cui Il problema di Lenin (2014) e Bivio europeo (2017).

Pagg. 906, 30 euro.



Gino Benvenuti
GIORNO PER GIORNO
racconti

Con la prefazione di Raffaele K. Salinari

“Possiamo ricordarci del mito di Filemone e Bauci, nel quale si descrive la figura del giusto come colui, o colei, che portando con sé un tocco gentile, lo fa amico di tutte le cose… Gino Benvenuti è un giusto e i racconti sono le sue maschere: in Giorno per giorno la prosa è tesa, come a mettere in rilievo tutti i particolari che compongono i tratti di queste pagine caleidoscopiche, affinché ogni frammento irradi al massimo la sua luce, brillante od oscura che sia, a dispiegare pienamente il suo potenziale immaginale, evocativo, metaforico, grazie al quale può farci attraversare, nel tempo della cronaca, di Cronos, il cammino sospeso costruito attraverso l’atto creativo, poietico, del racconto.
Ma dove porta la sua passerella? Ebbene, per la nota verità metafisica secondo cui «ciò che è in alto è come ciò che è in basso», «il giusto» deve collegare sia le vette, gettando un ponte tra il modo terreno e quello ultraterreno, sia le voragini nascoste nelle viscere della terra e nell’animo umano, riportandole, senza commenti o stigmate morali, in superficie. La gerarchia che ha nelle maschere del giusto le sua cime più alte, sprofonda allora anche in gradini successivi nell’abisso dell’abominio, dove si esprime non tanto la voce umana, ma quella che si potrebbe chiamare, col titolo di uno dei suoi racconti, L’Inquietudine, cioè il sentimento del Cosmo alla perenne ricerca della sua stessa forma”. (dalla Prefazione di Raffaele K. Salinari)

Gino Benvenuti è nato a Firenze il 2 novembre1943 e attualmente vive a Prato. Ha iniziato a lavorare all’età di 14 anni dopo aver conseguito la Licenza di Avviamento al lavoro. Dopo alcune esperienze in fabbrica viene assunto come bidello in una scuola statale e questa situazione gli permette di frequentare i corsi serali comunali conseguendo come privatista la maturità tecnica per geometri. Successivamente si iscrive a Lettere e Filosofia a Firenze laureandosi nel 1979 con una tesi su “Analisi della rivista cattolica Il Regno 1966/1971” che viene pubblicata l’anno successivo dalla Bonhoeffer edizioni di Reggio Emilia con il titolo Informare i cattolici. La sua esperienza nel campo della narrativa nasce con la pubblicazione del libretto Paradosso (1977), edizioni Techné Firenze e prosegue con le pubblicazioni di Labirinto (1984) e Diagramma (1989) entrambe con la casa editrice Del Bianco di Firenze. Nel periodo 1977-1989 collabora alle riviste di poesia e narrativa fiorentine Collettivo R, Stazione di Posta e Occhio Turchino (numero unico) pubblicando diversi racconti. Dal 1990 al 2004 viene eletto tre volte come consigliere provinciale a Firenze nella lista di Democrazia Proletaria e a Prato nelle liste di Rifondazione comunista. In questo periodo il Centro di Documentazione di Pistoia gli pubblica “Cronache dal Movimento di lotta per la casa”, Gennaio 1990/Giugno 1991, di cui è stato uno dei fondatori. Nel 2009 inizio a raccogliere cronologicamente la sua produzione e pubblica: 2009, Linea di Confine, UniService Trento. 2010, Appunti quotidiani, UniService Trento. 2012, Orme Intrecciate, UniService Trento. 2013, Disagio, Biblion Lecce. 2014, Flash di un’alba, You Can Print Lecce. 2015, A Briglia sciolta, Senso Inverso. 2017, Le Tresche, Libroventura Madrid.

Pagg.508, 19 euro.
Il libro è disponibile anche in e-book al prezzo di 5 euro. potete richiederlo a edizioni@puntorosso.it

Foto
Leggi due racconti

Giuseppe Adduci
LENIN
TRA RIVOLUZIONE E STATO

Dalla teoria dell’estinzione dello Stato
alla nascita dello Stato Sovietico (1917-1923)


Il presente lavoro si propone di offrire un modesto contributo di stimolo all’interesse per l’argomento della Rivoluzione Russa, di cui ricorre il centenario.
Dopo il 1968, la “contestazione” studentesca e le lotte operaie in Europa, si ebbe uno slancio politico-culturale manifestatosi anche in un rinnovato interesse nei confronti dei classici del marxismo. Da
quel nucleo di studi, partono oggi queste riflessioni, che tengono conto degli approfondimenti teorici nel frattempo svolti dalla saggistica politica, nonché della storiografia che si è occupata dell’argomento.
Il libro si propone di offrire una sintesi del pensiero teorico di Lenin e di illustrare il percorso storico attraverso cui la Rivoluzione Russa vince e si consolida in uno Stato assolutamente originale. L’intento,
mettendo a confronto teoria e prassi, è di offrire alla riflessione politica del lettore gli elementi per una valutazione consapevole di eventi storici che, a una lettura semplicistica e riduttiva, possono risultare, nel loro intricato svolgimento, soltanto contraddittori.

Giuseppe Adduci è nato a Firenze il 25 luglio 1949. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Firenze nel 1974. Carriera dirigenziale presso
la Regione Toscana. Docenze in materia di diritto pubblico e di scienze politiche, presso le Università di Pisa, Montevideo, Buenos Aires. Autore di
saggi giuridici e di testi sulla storia dell’Europa napoleonica e dell’America dell’Ottocento. Militante di sinistra. Recentemente impegnato nella campagna referendaria in difesa della Costituzione, contro la riforma del 2016.


Foto

Foto

Luigi Vinci
Unione Europea a rischio di collasso

La sinistra europea si attivi a rovesciare assetti antidemocratici, bluff monetaristi e neoliberisti e relativi disastrosi orientamenti antisociali e antieconomici, che nella crisi del 2008 si sono generalizzati, onde prevenirne il collasso e rilanciarne le motivazioni valide, ed evitare una gigantesca tragedia sociale

In appendice
Quale forma partito. Contributo a una franca discussione nella sinistra


L’ipotesi base da condividere a sinistra dovrebbe affermare che l’appartenenza all’UE vada confermata, e però che essa vada rifatta in profondità. Lo stesso dovrebbe valere per i poteri della Banca Centrale Europea in sede di gestione monetaria, poiché incompleti. Il collasso dell’UE, e conseguentemente dell’euro, comporterebbe disastri di ampissima portata, dalla marginalizzazione planetaria degli stati che la compongono, anche i più forti, e dalla conseguente colonizzazione da parte dei grandi sistemi contigui, Stati Uniti e Russia, allo sconquasso di rapporti economici consolidati e di quelli tra le popolazioni. Nella zona euro, dal crollo del valore di risparmi e pensioni a pesanti cadute delle sue economie nazionali per di più con tanto di accompagnamento di inflazione. Inoltre il complesso dei disastri interverrebbe pesantemente sul complesso della realtà generale del pianeta. Parimenti salirebbero pesantemente le tensioni tra Stati Uniti e Russia, a gara per prendersi la torta europea.

Luigi Vinci è stato un protagonista della storia della nuova sinistra italiana, prima in Avanguardia Operaia e poi in Democrazia Proletaria. Per dieci anni è stato parlamentare europeo per il Partito della Rifondazione Comunista. Per le Edizioni Punto Rosso ha pubblicato diversi libri, tra cui ricordiamo Il ritorno in Occidente della lotta di classe (2013), Il problema di Lenin (2014), Bivio europeo (2017), Democratismo, socialismo, marxismo (2017).

Collana Fondamenta, Formato 12x19, pagg. 104, 8 euro.



vincieu2018-testostampa.pdf
File Size: 382 kb
File Type: pdf
Download File


Luigi Vinci
BIVIO EUROPEO
Dove sta andando l'Unione Europea?

- Dove sta andando l’Unione Europea? Cioè, quali saranno gli orientamenti prossimi della Germania? Qualche riflessione sugli sviluppi politici di una crisi di portata ormai generale
- Come è venuto affermandosi – con obiettivi e mezzi pesanti – il dominio economico tedesco nell’Unione Europea
- Follia euroburocratica. A proposito di un “comando” di pericolosità e insensatezza assolute
- Storia di come è nata (un parto tutto politico e per ragioni tutte politiche) l’architettura dei Trattati originari in tema di livelli legali di deficit e di debito; e di come quest’architettura evolvette e per molti aspetti importanti fu rovesciata dall’evoluzione organica mente neoliberale e monetarista delle integrazioni ai Trattati
- Postilla. Il monetarismo contemporaneo e le sue pretese tecniche come repêchage reazionario a tutela della regressione narcisistica e sociopatica delle élites occidentali

Luigi Vinci è stato un protagonista della storia della nuova sinistra italiana, prima in Avanguardia Operaia e poi in Democrazia Proletaria. Per dieci anni è stato parlamentare europeo per il Partito della Rifondazione Comunista. Per le Edizioni Punto Rosso ha pubblicato diversi libri, tra cui ricordiamo Il ritorno in Occidente della lotta di classe (2013) e Il problema di Lenin (2014)


Collana Fondamenta, Formato 12x19, pagg. 78, 8 euro.
Anche in e-book

Foto

Foto

dello stesso autore...

Luigi Vinci

IL RITORNO IN OCCIDENTE
DELLA LOTTA DI CLASSE

Cicli storici del saggio generale del profitto e cicli storici della lotta di classe: quali le loro relazioni e le loro possibilità

Per la verità ciò che con questo scritto ho fatto consiste soprattutto in un’estrazione ampia di analisi e di ragionamenti dall’eccellente saggio del 2003 della statunitense Beverly Silver, Le forze di lavoro. Movimenti operai e globalizzazione dal 1970 (edito in Italia nel 2008 da Bruno Mondadori), in specie di quello che mi è parso il succo quanto a tendenza della lotta di classe a una propria lunga ciclicità, in connessione alla ciclicità Kondrat’ev in economia, benché anche caratterizzata da una propria determinazione soprattutto di natura politica. Inoltre ho provveduto ad argomentare qualcosa di molto generale in fatto di ciclicità Kondrat’ev, e a interpolare il complesso dell’esposizione con miei riferimenti sia all’esperienza di lotta di classe in Italia, nel contesto del secondo dopoguerra, che al momento attuale fortemente critico del capitalismo, poiché lo sguardo di Silver è rivolto essenzialmente al quadro mondiale e, per quanto riguarda l’Occidente, principalmente agli Stati Uniti e all’Europa occidentale ma come aggregato, e poiché questo sguardo sostanzialmente si ferma alle soglie del Duemila. Questo scritto è quindi una specie di bigino del saggio di Silver motivato da un determinato obiettivo, quello del suo titolo (coincidente peraltro con uno degli obiettivi di Silver), con qualche aggiunta forse utile in sede di esigenze di un lettore italiano militante nel sindacalismo di classe o nella sinistra politica. Niente di più. Come più o meno suole dirsi, i meriti di questo scritto sono tutti di Silver (e degli altri autori citati), i demeriti, probabili, tutti miei.

Collana Il presente come storia, 86 pagg., 10 euro.

Foto

Luigi Vinci
IL PROBLEMA DI LENIN

Dal punto di vista degli interessi di classe del proletariato, “la verità è sempre concreta”, e di essa fa parte che “il proletariato, nella lotta per il potere, non abbia altra arma che l’organizzazione”. A sua volta, il “modo scientifico” dell’analisi sociale e della politica rivoluzionaria è quello che si pone “dal punto di vista dei rapporti di classe nella società” (lenin)

“Ho lavorato a queste note sul marxismo, e ad altre, dapprima disordinatamente, poi organizzandole e completandole, per più di vent’anni, senza un obiettivo quanto al loro utilizzo. Era il mio modo di fare i conti con la mia crescente insoddisfazione riguardo all’andamento, benché non ancora catastrofico, della sinistra italiana, già la più potente anche teoricamente in Europa occidentale; un andamento inspiegabile con gli strumenti usuali del marxismo. Era anche il mio modo di ricostruirmi le idee, per connettermi a nuovi punti di vista, per fare correre l’immaginazione.
Mi ha molto aiutato il biennio trascorso al Senato e il decennio poi trascorso al Parlamento Europeo: non solo per ciò che si acquisisce nell’esperienza parlamentare, ma, indirettamente, perché nella quantità gigantesca di riunioni che non finiscono mai e di quelle palesemente inutili cui pure obbliga il lavoro parlamentare ho imparato rapidamente a leggere, a scrivere e anche a riposare la mente, senza che al tempo stesso venisse meno l’attenzione alla discussione e, credo, la capacità di cogliere e di tentare di evitare trappole politiche o danni a quelle vittime del capitalismo che mi proponevo, con altri compagni, di rappresentare. Solo successivamente, alla conclusione una decina di anni fa della mia esperienza di parlamentare europeo, ho deciso di recuperare e di sviluppare le mie note in vista di una loro pubblicazione. Si è trattato di una fatica non leggera, anche perché continuamente disorganizzata da molte incertezze e dall’impegno politico. L’ho però avvertita come un obbligo, prima di tutto verso le generazioni più recenti della sinistra italiana, prive di qualcosa di utilizzabile, dentro a partiti che non si preoccupano di aiutarle a impadronirsi di strumenti critici, spesso in balia di pittoreschi o prepotenti ciarlatani.
Certamente ciò che ho scritto sinora e scriverò prossimamente risulta inadeguato sul piano della teoria, per miei limiti; ma forse risulterà utile al consolidamento della scelta, dapprima, come sempre, emotiva, morale, entusiasta, disinteressata, di porsi dalla parte delle vittime delle varie tipologie dello sfruttamento e dell’oppressione, e che poi, sotto la pressione delle necessità materiali della vita, delle difficoltà politiche, delle sconfitte, delle demoralizzazioni, può rischiare di cedere a eccessive transazioni. Ma un po’ ho sentito anche l’obbligo di rivolgermi, con identico motivo, a quei miei compagni delle generazioni meno giovani, che con coraggio e ostinazione continuano a tenere in piedi quanto della sinistra italiana residua e intendono ricostruirla. Questi compagni si chiedono quali siano i motivi di non immediata evidenza degli ostacoli ai quali si scontrano dentro alla sinistra, e hanno il diritto ad avere risposte possibilmente non limitate alla descrizione di quei fenomeni involutivi evidenti che hanno attraversato e continuano ad attraversare gruppi dirigenti ed apparati”. (dall'Introduzione dell'autore)

***
Tra le preoccupazioni analitiche dell'autore ci stanno via via l'approccio di Lenin ai frangenti a cavallo Prima Guerra Mondiale, poi della Rivoluzione d'Ottobre, nei loro contenuti pratici e teorici effettivi. E questo egli fa con grande accuratezza, consultando vari autori e analizzando anche in dettaglio gli eventi, le questioni che essi ponevano e le prese di posizione delle figure significative della sinistra russa dell'epoca.
L'obiettivo politico primario dell'autore è invece la documentazione del carattere falso della “comune tendenza a ricondurre il più possibile a Lenin la teoria e la prassi di Stalin” da parte, come scrisse Lukács nel suo grande scritto dei primi del 1968 intitolato in Italia o L'uomo e la democrazia o La democrazia della vita quotidiana, sia delle “correnti burocratiche di conservazione dei princìpi di Stalin”, che delle correnti della “guerra fredda” ideologica contro di esse”.
E’ questo fatto, tra parentesi, a giustificare il titolo volutamente ambiguo di questo scritto, Il problema di Lenin; esso vuole alludere sia al problema rappresentato dalla figura di Lenin che il problema cruciale che di Lenin effettivamente sovrastò la ricerca e la pratica.
La figura che emerge dalla ricerca dell'autore è un Lenin che determina il proprio orientamento  attraverso due strumenti metodici di base. Il primo di essi è costituito dall'analisi concreta delle condizioni economiche, sociali, politiche, culturali del momento dato e del periodo in cui il momento si iscrive. Il secondo strumento, assiologico, al tempo stesso etico e politico, è costituito dal proprio posizionamento accanto al proletariato, perciò dalla priorità assegnata alle sue richieste, sia sul piano materiale anche immediato, sia sul piano della sua emancipazione nelle forme e nei contenuti posti dalla sua avanguardia combattiva, sia sul piano del consolidamento della sua unità, della sua organizzazione e della sua capacità di lotta.
Ciò porta Lenin, inizialmente invischiato dalle schematizzazioni deterministiche del marxismo tardo-engelsiano e kautskiano, a emanciparsene via via e ad approdare via via a nuovi punti di vista. Emerge dunque un Lenin portatore di una prasseologia rivoluzionaria estremamente efficace, che pone l'analisi come ricerca degli “anelli deboli” sistemici da “tirare” al fine di dislocare su posizioni più avanzate e ambiziose la lotta di classe proletaria, la lotta contro lo zarismo, la lotta per il socialismo.
Emerge, ancora, un Lenin che, malato, perde tuttavia la sua ultima battaglia politica nel partito, dopo averne vinte tante: quella contro il burocratismo, cioè quella contro Stalin. Così come, dentro alla complicata situazione sociale ed economica della NEP, emerge un Lenin che, pur intuendo l'esistenza di un grosso problema che sarebbe stato da affrontare in futuro, non riesce a declinare in termini adeguati il tema degli assetti istituzionali post-rivoluzionari, attraverso l'unità tra loro forme sovietiche e loro forme rappresentative dell'interezza della popolazione. Anche per questo, dato il deperimento che segue alla guerra civile del ruolo dei soviet e data la loro ampia sostituzione da parte del partito, Lenin si troverà in estrema difficoltà nella sua lotta antiburocratica.


Collana Il presente come storia, pagg. 800, 25 euro. Anche in e-book


Sergio Sabattini

DA UN ALTRO TEMPO
MARX E ENGELS, LA RIVOLUZIONE, LA RUSSIA


Questo libro compie un lungo e faticoso viaggio nel passato attraverso territori un tempo fiorenti e oggi ridotti all’abbandono seguendo le orme di Karl Korsch. Fin dagli anni ’30 del secolo scorso Korsch avvia una riflessione sugli sviluppi della storia del movimento operaio che lo condurrà a considerare l’impossibilità del marxismo, così come si presentava, ad essere la teoria dell’emancipazione della classe operaia. E ciò in ragione del fatto che la teoria marxista, fin dalle origini, è minata da una contraddizione congenita tra teoria e movimento storico reale che è riscontrabile in tutte le fasi del suo sviluppo, compromettendone gli esiti, e trova la sua origine nella duplicità che si manifesta fin dall’inizio nei diversi aspetti dell’opera di Marx ed Engels come teorici del proletariato e come dirigenti politici nel movimento rivoluzionario del loro tempo.
Il libro ricostruisce i due passaggi fondamentali attraverso cui Korsch giunge a questo approdo: il primo riguarda il 1848, l’anno delle rivoluzioni europee. Nel corso di esso si apre quella divaricazione tra teoria e pratica concreta caratterizzata fondamentalmente dall’assunzione nelle posizioni politiche di Marx ed Engels di elementi propri della tradizione rivoluzionaria borghese (giacobini), che entreranno a far parte della teoria della loro rivoluzione e di cui essi non saranno più in grado di liberarsi. Il secondo, l’analisi delle forme con le quali il pensiero dei padri fondatori è assunto dall’intelligencija progressista nella Russia della seconda metà del XIX secolo, manifestando così quel carattere ideologico a proposito del quale Korsch parlerà esplicitamente di mutamento di funzione del marxismo. Sono queste due tappe molto importanti per il pensiero marxista, poiché, dall’interno di esso e con i suoi stessi strumenti - la critica delle ideologie -, si pongono le basi per una corretta operazione di rilettura delle esperienze del movimento operaio, ed in particolare di quella russa, tentando di fare i conti con le contraddizioni di cui essa è il risultato, anziché rimuoverle o eluderle, come è stato fatto per tanto tempo.
Lo svolgimento di questi due passaggi fa emergere con chiarezza le ragioni del progressivo autonomizzarsi del pensiero marxista dal processo reale e del suo proporre nel corso degli anni soluzioni ideologiche ai problemi concreti che ha incontrato il movimento operaio nel suo sviluppo storico.

Sergio Sabattini, nato il 17 ottobre 1946 a Bologna, laureato in storia, iscritto al Pci dal 1967 fino alla fondazione del Pds. Iscritto al Pds e ai Ds, non è mai entrato a far parte del Partito democratico, al cui congresso fondativo non ha partecipato.  E’ stato vice responsabile nazionale del settore scuola e università del Pci, assessore comunale a Bologna, segretario della Federazione bolognese del Pds dal 1993 al 1996, deputato nella XIII e XIV legislatura, membro della Commissione Affari Costituzionali della Camera, sindaco del Comune di Porretta Terme dal 2002 al 2012. E’ stato un funzionario di partito per gran parte della sua vita lavorativa. Oggi in pensione. E’ sposato ed ha una figlia di 11 anni. Vive nella montagna bolognese, ad Alto Reno Terme, al confine con quella toscana. Nel 2013 ha pubblicato un libro di aforismi e poesie, Piccoli deliri (Arcobaleno editore).

Pagg. 548, 25 euro.

Foto

Foto

Piergiorgio Bianchi

UNA LUNGA FEDELTÀ
Il marxismo di Galvano della Volpe


Galvano della Volpe, tra gli esponenti più originali del marxismo italiano, ha vissuto una “solitudine teorica”. Il suo nome non ha mai varcato la soglia di una cerchia ristretta di intellettuali e, a cominciare dagli anni Settanta, ha subito una rimozione.
Di fronte a un uso immaginario di Marx che ne aggirava la complessità, della Volpe ha estratto dai testi marxiani le categorie che una lettura banale aveva reso inservibili, restituendo l’autore del Capitale alla sua teoria. La sua lettura di Marx presenta motivi di novità: libera sia dai tratti empiristici dello storicismo sia dai limiti metafisici del materialismo dialettico.
Se della Volpe propone una lettura non dottrinale di Marx, si allinea alle scelte politiche del PCI; è convinto che la divisione del lavoro intellettuale affidi al filosofo compiti differenti da quelli del dirigente politico. Tale limite denuncia il permanere in lui di una mentalità legata a una disciplina di partito, ma fa pensare anche a una strategia messa in atto per aggirare il conformismo, a una pratica intellettuale disposta a concedere alla politica ciò che ad essa interessa nell’immediato, per sostenere, in altra sede, una linea di pensiero più audace nell’approccio ai testi marxiani.
Della Volpe valorizza il lascito rousseauiano di Marx. Egli ripensa il rapporto tra democrazia e socialismo, liberando la riflessione sulla transizione dai tratti di genericità della vulgata marxista.
 
Piergiorgio Bianchi si è laureato in Filosofia e in Storia presso l’Università di Genova. Insegna al Liceo scientifico “O. Grassi” di Savona. Ha pubblicato Marx e Lacan. La questione del soggetto inconscio (Graphos, Genova 1999) e Il lavoro del filosofo. Ragione e politica in Galvano della Volpe (Savona 2008). Fa parte della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi. Per Horthotes sono usciti: Il campo di esperienza. Positività del sensibile e ricerca estetica in Galvano della Volpe (2012) e Il sintomo e il discorso. Lacan legge Marx (2014). Ha curato testi di Lukács e Feuerbach.

Formato 11x16, Pagg. 188, 10 euro.


Immagine

Ricardo Antunes

il lavoro e i suoi sensi
Affermazione e negazione del mondo del lavoro

con una nuova introduzione dell'autore e una prefazione di istvan meszaros

Traduzione di Antonino Infranca

Lo studio delle relazioni tra lavoro produttivo e improduttivo, manuale e intellettuale, materiale e immateriale, così come la forma assunta dalla divisione sessuale del lavoro, la nuova configurazione della classe lavoratrice, tra i vari elementi che analizzerò nel corso del libro, mi ha permesso di ricollocare e dare concretezza alla tesi della centralità della categoria lavoro nella formazione della socialità contemporanea, contro la decostruzione teorica che è stata realizzata negli ultimi anni. Al contrario della propagandata sostituzione del lavoro con la scienza, o anche della sostituzione della produzione delle merci con la sfera comunicativa, della sostituzione della produzione con l’informazione, indago le nuove forme di interpenetrazione esistenti tra le attività produttive e le improduttive, tra le attività della fabbrica e dei servizi, tra le attività lavorative e le attività della concezione, tra la produzione e la conoscenza scientifica, che vanno ampliandosi nel mondo contemporaneo del capitale e del suo sistema produttivo.

Ricardo Luiz Coltro Antunes (São Paulo, 1953) è un sociologo brasiliano. Attualmente è docente presso l’Università Statale di Campinas (Unicamp). Ha una laurea in amministrazione pubblica della Getulio Vargas Foundation (FGV-SP), Master in Scienze Politiche da Unicamp (1980) e Dottore in Sociologia presso l’Università di San Paolo (1986). Attualmente è docente presso l’Istituto di Filosofia e Scienze Umane (IFCH) e insegna discipline come Sociologia del Lavoro e Sociologia di Karl Marx. Ricardo Antunes è uno dei più grandi conoscitori dell’opera di Marx in America Latina. Maggiori info su: http://blogdaboitempo.com.br/category/colaboracoes-especiais/ricardo-antunes/

Collana Il Presente come Storia, pagg. 200, 15 euro.



Immagine

VITTORIO RIESER
Intellettuale militante di classe

A cura di Matteo Gaddi

Contributi di
Goffredo Fofi, Giovanni Mottura, Francesco Ciafaloni, Liliana Lanzardo, Bianca Beccalli, Sergio Dalmasso, Maria Grazia Meriggi, Riccardo Barbero, Diego Giachetti, Luigi Vinci, Franco Calamida, Gian Carlo Cerruti, Franco Garetti, Vanna Lorenzoni, Luigi Sartirano, Toni Ferigo, Beppe Bivanti, Piero Di Siena, Giuseppe Fiorani, Riccardo Bellofiore, Dario Fontana, Matteo Gaddi.
Con due poesie di Franco Fortini.
In appendice scritti scelti di Vittorio Rieser.

“Mettere la panna nella bagnacauda, è una grave deviazione di destra”. (Vittorio Rieser)

“Credo sia giusto considerarlo uno dei più bei personaggi espressi dalla storia del movimento operaio italiano nella seconda metà del Novecento, sino a oggi” (Goffredo Fofi)

Al funerale di Vittorio, una cosa molto toccante per i tanti interventi che si sono susseguiti, un gruppo di compagni decise di organizzare una iniziativa. Da qui la raccolta di contributi che compongono questo libro che ci proponiamo di presentare e discutere ovunque sia possibile farlo.
Il taglio non intende essere quello della commemorazione, ma piuttosto quello della discussione e dell’approfondimento su alcuni punti del pensiero e dell’esperienza politica di Vittorio.
Riteniamo, infatti, che la ricchezza del suo lavoro di riflessione teorica, di inchiesta, di impegno politico meriti una discussione in grado di cogliere e sviluppare alcuni “fili rossi” che hanno attraversato la sua militanza intesa come momento di ricerca finalizzata ad una immediata traduzione sul piano politico.


Collana Il presente come storia, pagg. 288, 18 euro. Anche in e-book

RECENSIONE
Pubblicato a pochi mesi di distanza dalla sua morte (21 maggio 2014), questo bel volume raccoglie le testimonianze di amici e compagni di Vittorio Rieser, riuscendo nell’obiettivo dichiarato (Gaddi, p. 7) di non limitarsi a una semplice commemorazione, ma di stimolare la discussione e l’approfondimento di alcuni punti del suo pensiero e della sua esperienza politica. Il libro è dunque un ottimo esempio di come sia possibile trasformare la memoria in un «ingranaggio collettivo», in cui il ricordo non sia un alibi per indugiare sul passato ma uno strumento vivo per trovare nuovi stimoli allo studio e all’azione, «un elemento dinamico e collettivo in cui la costruzione del pensiero continuerà ad essere strumento di cambiamento» (Fontana, p. 164). A favorire questo approccio è la stessa figura di Rieser, che ha fatto dell’analisi del mondo del lavoro e delle sue trasformazioni – dalla fabbrica degli anni ’50 alla crisi degli ultimi decenni – la costante del suo lavoro di ricercatore e del suo impegno di militante. Le testimonianze si snodano intorno a tre direttrici principali, tutte strettamente legate fra loro, come già come nella vicenda biografica di Rieser: il «metodo dell’inchiesta», la militanza in diversi organismi della sinistra (dall’USI di Cucchi e Magnani alla sinistra PSI, dalla Lega Operai-Studenti al Collettivo Lenin, dai CUB ad Avanguardia Operaia, da Democrazia Proletaria a Rifondazione Comunista) e la riflessione sulla teoria («sul concetto di classe; sul rapporto tra memoria storica e coscienza di classe; sugli strumenti di organizzazione del movimento operaio [...]; sulle trasformazioni del lavoro, della sua organizzazione, della sua qualità; sugli strumenti di democrazia e partecipazione operaia»: Gaddi, p. 8). Gli interventi si concentrano soprattutto sul tema dell’inchiesta – «costante dell’insegnamento politico e scientifico di Vittorio Rieser» (Cerruti, p. 95) – fornendo testimonianza diretta di come essa non abbia significato, per lui, «soltanto produrre conoscenza, ma produrre e riprodurre costantemente, in ogni contesto e livello, rapporti di attenzione, fiducia e reale scambio tra compagni e con i soggetti sociali a cui si fa riferimento» (Mottura, p. 25). Il racconto si snoda attraverso tutta la seconda metà del ’900, dall’esperienza dei «Quaderni rossi» tra la fine degli anni ’50 e la prima metà degli anni ’60 (Mottura, pp. 22-26; Lanzardo, pp. 29-36; Beccalli, pp. 37-42) alle ricerche sulla piccola e media industria nel modenese a metà degli anni ’80 (Fiorani, pp. 147-156), dagli studi condotti con l’IRES CGIL di Torino tra 1989 e 1999 (Cerruti, pp. 93-111) all’«avventura» Fiom della Fiat Rivalta alla fine degli anni ’80 (Garetti-Lorenzoni-Sartirano, pp. 112-118), dal lavoro d’inchiesta alla Fiat di Melfi negli anni ’90 (Di Siena, pp. 137-146) alla collaborazione col Dipartimento Inchiesta in Rifondazione comunista (Gaddi, pp. 186), fino al più recente interesse per il rapporto salute-lavoro (Fontana, pp. 164-171) e all’impegno per la valorizzazione della memoria operaia (Meriggi, pp. 55-62), senza tralasciare il tema degli impiegati e della loro organizzazione sindacale (con il bell’esempio del Gruppo di Studio Philips: Calamida, pp. 85-92). Un vero e proprio viaggio nell’Italia del lavoro, in compagnia di un intellettuale-militante che è stato capace di indagarne i mutamenti in maniera lucida e rigorosa, conservando al contempo una dichiarata e coerente opzione ideologica, distante da un’interpretazione “neutralista” delle scienze sociali.

Mariamargherita Scotti


Immagine

Roberto Caradonna

STRIPTEASE
Un italiano in Olanda


Prefazione di Raffaele K. Salinari

“Striptease” è l’opera prima (di genere letterario) di un artista che, giunto negli anni della piena maturità, sente il bisogno di riflettere sul proprio percorso umano e artistico e di esplicitarlo in una serie di brevi racconti che, di fatto, ne descrivono una sorta di “autoritratto”.Meglio ancora, un polittico composto da una dozzina di pale che per addizione e composizione, e non per sottrazione come in uno spogliarello, descrivono la vicenda umana dell’Autore e ne ricostruiscono, almeno parzialmente, il significato esistenziale.

Roberto Caradonna, dopo il suo primo lavoro “ Alla ricerca della fonte” che raccontava la sua esperienza d’artista - in compagnia tra l’altro di R.K.S - nella foresta equatoriale dell’Ituri (Zaire), in differenti campi abitati da gruppi appartenente al popolo pigmeo, qui alla sua opera prima di genere letterario. Artista nato a Taranto nel 1953 dove è cresciuto. Dopo la maturità, sceglie di viaggiare in Oriente. Nel 1978 si è trasferito in Olanda dove ha completato la propria formazione professionale e, quindi, sviluppato l’intero percorso artistico di pittore e scultore.

Collana varia, pagg. 198, 12 euro.



Immagine

Raffaele K. Salinari

TRILOGIA DELLA RE-ESISTENZA
RE-ESISTENZA CONTRO SOPRA-VIVENZA
XIII affermazioni di liberazione dall’Impero-fattuale
IL GIOCO DEL MONDO
Scissione, insurrezione, ricongiungimento
Visioni di Re-esistenza
IL CASTELLO DI SABBIA
Re-esistenze nell’Invisibile

La Trilogia della Re-esistenza racchiude in un volume unico tre saggi originariamente scritti nell’arco di tempo che va dal 2005 al 2009. Un periodo fondativo per i movimenti democratici di tutto il mondo; il momento della storia recente in cui la costruzione di un «altro mondo possibile» è diventata riflessione culturale e prassi politica, mercé il ripensamento dei rapporti di forza - non solo economici ma più ancora simbolici - tra i re-esistenti ed un biopotere sopra-vivente sempre più oppressivo e disegualitario: ciò che l’autore chiama bioliberismo. Coniando questo neologismo si perviene non solo a definirne le ascendenze gerarchiche e le conseguenti forme operative, ma anche le determinazioni oppositive che lo possono efficacemente contrastare: questa è la re-esistenza. La Trilogia disegna così i tratti di una vera e propria rivoluzione epistemologica, in cui idee-chiave come democrazia, partecipazione, libertà, consapevolezza, diritti, vengono sottoposte ad un radicale cambiamento di prospettiva, ridefinite all’interno di un orizzonte di «solidarietà di specie» - tra le presenti e le future generazioni - e «solidarietà biosferica», tenendo conto cioè delle relazioni egualitarie tra tutte le forme di esistenza che compongono il vasto affresco delle vite nella Vita: delle bíos nella zoé. L’insieme delle pratiche che va sotto il nome di re-esistenza viene nutrito con le riflessioni dei popoli indigeni così come dall’antica mitografia classica occidentale, tanto dall’apparato simbolico delle filosofie orientali quanto dalle esperienze dei movimenti sociali mondiali. La Trilogia si presenta quindi come un insieme coerente di testi che, pur potendo essere letti singolarmente, trattano via via aspetti analitici, esperienze politiche, genealogie simboliche, réverie immaginali, per arrivare a ricostruire infine la trama delle relazioni tra umanità e mondo, tra micro e macrocosmo: l’utensileria visionaria di uno sguardo perspicuo sulle cose

Raffaele K. Salinari è nato a Zurigo nel 1954. Medico-chirurgo, ha lavorato per oltre venticinque anni per le Nazioni Unite ed in diverse Organizzazioni umanitarie in Africa, Asia ed America latina.
Autore di numerosi saggi sulle tematiche della globalizzazione, è docente di Diritto della cooperazione internazionale allo sviluppo nelle Università di Bologna, Parma, Urbino e Tarragona. Presidente della Federazione Internazionale Terre des Hommes, è membro del Consiglio Internazionale del Forum Sociale Mondiale.


Per le Edizioni Punto Rosso ha pubblicato Re-esistenza contro Sopra-vivenza (2005), Il Gioco del Mondo (2007), Il Castello di sabbia (2009), Tuffarsi (2010), SMS: Simboli, Misteri, Sogni (2012) e L’Altalena. Il gioco e il sacro dalla Grande Dea a Dioniso (2013).

Collana Materiali Resistenti, pagg.360, 25 euro.


Immagine

Alessio Olivieri

LELIO BASSO
Per la rivoluzione in Occidente
Note sul pensiero politico

Negli anni della crisi economica e istituzionale dell'Europa, nel pieno trionfo del modello capitalista, questo libro pone una domanda: è possibile leggere la nostra epoca con le lenti di uno delle più importanti e, forse, meno conosciute personalità della sinistra italiana?
E' possibile intendere lo studio del pensiero di Lelio Basso - marxista, luxemburghiano, 'roussoviano' - non come un'analisi finalizzata solamente all'elaborazione teorica, o allo studio storico, bensì come strumento di lettura e di proposta su tematiche del presente?
Nella convinzione che questo sia il miglior metodo per conoscere e valorizzare un autore, il pensiero di Basso si fa interprete di una riflessione sul ruolo dei partiti e della sovranità popolare, sull'Europa e la globalizzazione e, in primis, sulla Costituzione e sulla democrazia; ma soprattutto si fa divulgatore del pensiero marxiano in chiave non stereotipata. Un contributo per chi voglia ancora aggiornare "la cassetta degli attrezzi" per trasformare la società.

Alessio Olivieri nasce a Genova e qui consegue il titolo di dottore di ricerca in Pensiero politico. Attivista dei movimenti sociali e della sinistra, collabora a più riprese con la rivista "Critica Marxista" con saggi sul pensiero marxiano e sulla globalizzazione capitalistica.

Collana Il presente come storia, pagg. 186, 15 euro. - Anche in e-book

RECENSIONE
PER LELIO BASSO di Fulvio Papi
Il libro di Alessio Olivieri "Lelio Basso. Per la rivoluzione in Occidente" (ed. Punto Rosso 2015) riapre il discorso su una figura centrale della storia del socialismo italiano, e rende gli onori dovuti ad uno dei padri nobili della Costituente e dell'antifascismo, che noi non abbiamo dimenticato (A.G.)
La figura di Lelio Basso, dal punto di vista politico e teorico, fu fondamentale per quei giovani, molto pochi, che seguirono il PSI dopo la débâcle elettorale del 18 aprile 1948. Lelio era stato  segretario del partito che aveva scelto la prospettiva frontista, alla quale era contrario, ma fortemente voluta da Nenni che aveva la maggioranza alla direzione, e, forse sperava di poter ripetere il successo che ebbe in Francia il Fronte popolare negli anni Trenta. Il partito aveva un periodo di vero sbandamento, soprattutto intellettuale, chiuso in un nuovo massimalismo e alla sua opposizione vi era una ragione critica per il passato, ma un’approssimazione politica e, soprattutto, una assenza di prospettive a livello teorico. Lelio rappresentava l’intelligenza e la conoscenza storica e filosofica intorno alla quale a noi pareva sarebbe stato possibile trovare il senso della partecipazione alla vita del partito. Ricordo le riunioni che tenevamo in federazione (via Valpetrosa 2) il venerdì sera quando Lelio, di ritorno da Roma, parlava con noi, avrebbe detto Labriola, di “socialismo e di filosofia”. Erano momenti di vera formazione politica, privi del tutto di quel tono dottrinariamente autoritario degli ambienti comunisti che, del resto, conoscevo dalle riunioni dei miei compagni comunisti all’Università. Quando, in un periodo immediatamente successivo, Rodolfo Morandi diede al partito una svolta organizzativa molto radicale cercando di costruire una organizzazione di quadri del tutto dipendenti dal centro, Lelio fu messo alla porta in un modo così radicale da essere gravemente offensivo non solo del suo valore intellettuale e del suo contributo politico, ma, in qualche caso, della sua persona. Il che non mi impediva, qualche volta, di andare a trovarlo a casa in corso Venezia 6. Quel comportamento del partito mi parve allora incomprensibile, non solo perché non sapevo valutare la distanza ideologica tra il centralismo politico di Morandi (una specie di “stalinismo di riflesso”) e la concezione di Lelio che aveva sempre sostenuto, studioso ed estimatore dell’opera di Rosa Luxemburg, l’esigenza della crescita della prospettiva socialista dall’espressione libera e consapevole delle masse popolari, ma anche perché non mi rendevo conto del degrado del partito, per lo meno a livello della sua organizzazione burocratica. Anche se nelle sezioni, compresa la mia in centro, restavano ben evidenti i ritratti di Turati e di Matteotti. Quanto questa linea politica corresse se stessa, ma, soprattutto, dopo il rapporto Kruscev sui crimini di Stalin e, conseguentemente, sulla condizione sociale dell’Unione Sovietica, pensai che Lelio fosse il vero vincitore dei travagli interni al PSI. Ma le cose non andarono affatto così, poiché i poteri consolidati nel partito non si potevano scalzare con la forza vincente delle idee. Al congresso provinciale di Milano noi “bassiani”, tutti giovani intellettuali, toccammo il desolato cinque per cento dei voti. Ma senza alcuna delusione o scoramento perché, un poco ostinatamente , pensavamo di avere ragione. Solo più tardi capii che l’effettualità delle cose mostrava che in politica non c’era “ragione”, ma solo un gioco di forze, alle quali se non eri adeguato, saresti comunque, prima o poi, finito in un angolo.
Mi sono tornati in mente i giorni di quell’antico tempo dei primi anni Cinquanta, ora che ho appena terminato la lettura dell’ottimo libro di Alessio Olivieri “Lelio Basso. Per la rivoluzione in Occidente” (Edizioni Punto Rosso, 2015, Pagg. 186  € 15,00). L’opera è molto rigorosa e tocca tutti gli aspetti della presenza di Lelio nelle fasi della politica italiana dagli anni Venti, all’opposizione al fascismo, alla Resistenza, alla Costituente, alle vicende socialiste, fino alle sue ultime testimonianze in un quadro di giustizia internazionale. Credo faccia bene l’autore a insistere sull’influenza positiva del celebre libro di Mondolfo “Sulle orme di Marx” poiché il filosofo prediligeva gli elementi umanistici nell’opera di Marx che valevano come critica radicale alla società capitalistica, al di là di quelle che erano le posizioni politiche riformiste dello stesso Mondolfo. Era una strada differente, sia dal positivismo socialista maggioritario, sia dei fermenti gentiliani e sorelliani che poi s’incontrarono con la dialettica, sostanzialmente volontaristica, che derivava da Lenin. Per quanto riguarda l’eredità di Marx, furono queste le radici a rendere molto importante l’incontro con il pensiero di Rosa Luxenburg e quindi l’insieme dell’orientamento di Basso per il quale un’esperienza socialista non può nascere che da un cosciente movimento popolare desideroso di ottenere, con il proprio impegno, una trasformazione sociale, (che in Italia doveva essere, dopo il 1948, il compimento della costituzione repubblicana verso successive e ulteriori conquiste sociali).
Ora non posso seguire ne suo svolgimento tutto il libro di Olivieri, ma vorrei cercare una ragione vitale del pensiero di Lelio mettendo sulla medesima rotta le parole rivoluzione e sconfitta, delle quali Lelio parlava in una sua celebre intervista. La sconfitta personale che Lelio si attribuiva era il fallimento della trasformazione della società verso una prospettiva socialista. La via del suo marxismo, opposta sia alla versione riformista, quella che privilegiava il pensiero economico di Marx, sia quella rivoluzionaria che privilegiava invece la dialettica storica di classe interpretata dalla “avanguardia” politica, era rimasta sterile. Le due soluzioni antinomiche storicamente, nelle condizioni date obiettivamente erano la “realizzazione” di interpretazioni del laboratorio di Marx, che non rappresentavano la sua “verità”, ma piuttosto interpretazioni operative possibili in contesti materiali dati obiettivamente. Il marxismo di Lelio, nella sua forza e nella sua passione vitale, era piuttosto una variante intellettuale dell’umanesimo europeo. Lelio stesso aveva detto che prediligeva i famosi “manoscritti” parigini di Marx, del 1844. Il progetto di Lelio era, nel profondo, la liberazione dell’uomo da una civiltà che ne distruggeva la possibilità creativa, l’“essenza che costruisce se stessa”.
E qui a mio modo di vedere non manca affatto la dimensione, sotterranea, carsica, della salvezza di origine religiosa. Una simile prospettiva ideale doveva avere necessariamente il suo correlato nella considerazione del “popolo”. Il marxismo che era il linguaggio praticabile nella contemporaneità , rappresentava la realtà storicamente ideale delle due radici vitali che ho cercato di ritrovare. Così che la sconfitta di Lelio, è la sconfitta di una civiltà etica, di una idealità europea praticabile oggi solo moralmente (ma è pure una forza) poiché, a livello materiale ed egemone è tutt’altra cultura vincente. Quanto a Marx ho cercato di mostrare, dopo una pratica di decenni, che non il suo umanesimo “tedesco”, ma la sua analisi londinese del capitale è la limpida visione genealogica, economica e sociale, di quello che poi è accaduto come “nostra storia”.  


Immagine



***György Lukács


TESTAMENTO POLITICO
e altri scritti contro lo stalinismo

a cura di Antonino Infranca e Miguel Vedda

Il filo rosso che indica la continuità e l’omogeneità dei saggi qui raccolti (che vanno dal 1946 al 1970) è rappresentato da un tema fondamentale del  pensiero politico e filosofico di Lukács, quello della democrazia marxista e, in tal senso, della costante polemica del filosofo ungherese contro lo stalinismo.  

INDICE
Introduzione di A. Infranca e M. Vedda   
- Le visioni del mondo aristocratica e democratica
- I compiti della filosofia marxista nella nuova democrazia
- Libertà e prospettiva: una lettera a Cesare Cases
- Oltre Stalin    
- Epistolario con János Kádár sul caso Dalos-Haraszti
- Testamento politico
- Appendice: Interrogatorio della polizia sovietica nel 1941

Collana lucacciana, pagg. 176, 15 euro.
Anche in e-book

***
Recensione a G. Lukács, Testamento politico e altri scritti contro lo stalinismo, a cura di Antonino Infranca e Miguel Vedda, Milano, Il Punto Rosso, 2015.
di Marco vanzulli (per la rivista "filosofia politica", aprile 2017

Il tema centrale di questa antologia è senza dubbio quello della democrazia. Nel primo scritto, Le visioni del mondo aristocratica e democratica, del 1946, è dominante il rapporto tra crisi della democrazia e sviluppo del fascismo, nel secondo, I compiti della filosofia marxista nella nuova democrazia, testo di una relazione presentata nel dicembre 1947 alla Casa della Cultura di Milano, quello tra marxismo ed edificazione di una nuova democrazia europea. La democrazia nel partito e la democrazia operaia sono invece gli argomenti del Testamento politico, del 1971, testo precedente di qualche mese la morte di Lukács. Colpisce nell’argomentazione lukacsiana la capacità filosofica di legare una questione apparentemente minore, come per esempio quella dell’impegno del lavoratore di fabbrica, a una concezione generale dell’uomo e della storia. L’analisi del «buon lavoro» nel Testamento politico è un esempio notevole di ciò. Un documento di grande interesse storico-politico sono poi i verbali, tradotti dall’ungherese da Antonino Infranca, degli interrogatori cui Lukács fu sottoposto da parte della polizia sovietica, che, quando lo arrestò nel 1941, cercò di fargli confessare di essere un provocatore e una spia di servizi stranieri. Il lettore si trova posto tra le domande secche e talora ottuse del «Sergente del Commissariato Statale» interrogante, volte unicamente ad avere una prova facile per condannare Lukács, e le risposte argomentate di quest’ultimo, che riescono perfino a fornire elementi analitici del proprio percorso teorico-politico.  
Lukács passò da una giovanile avversione decadente per il mondo contemporaneo e per la democrazia parlamentare alla scelta comunista con la rivoluzione del 1917. Aderì quindi al partito comunista ungherese l’anno successivo, dopo una breve indecisione, a 32 anni, senza avere avuto esperienze politiche precedenti, né con partiti radicali borghesi né col partito socialdemocratico. Partecipò alla Repubblica dei consigli con vari incarichi. Da allora Lukács non abbandonò più il partito. Magari sarà abbandonato dal partito in certi momenti, ma terrà sempre distinta l’idealità del partito dalla cattiva dirigenza che lo guida. Durante la guerra Lukács difenderà il comunismo stalinista come baluardo contro il nazismo. Ma c’era molto di più in questa sua difesa del comunismo sovietico. Gli fu rimproverato di non aver accusato lo stalinismo neanche dopo il suo ritorno in Ungheria. Lukács affermò più volte: «Sono sempre stato dell’opinione che è meglio vivere nella peggior forma di socialismo che nella migliore forma di capitalismo». Un’affermazione evidentemente assai problematica. E che però per Lukács, pensatore eterodosso quanto altri marxisti che, diversamente da lui, vissero in Occidente, costituì una scelta di vita coerente e difficile, che lo costrinse a continui ripensamenti dell’esperienza sovietica. Se infatti, da una parte, è vero che il partito rappresenta la «genericità in sé», d’altra parte Lukács stigmatizza quello bolscevico per aver lasciato esistere solo formalmente la democrazia dei consigli svuotandola di ogni contenuto, e biasima il partito comunista ungherese di Rákosi al punto da affermare che, a causa della sua mancanza di democrazia interna, «partecipai a tutte le votazioni, consegnando la mia scheda; ma devo ammettere che, in 25 anni, neanche una volta ho prestato attenzione al nome che compariva nella scheda» (Testamento politico¸ p. 101).
Un’antologia, questa curata da Infranca e Vedda, che va letta insieme a Pensiero vissuto (ripubblicato recentemente da Punto Rosso) e allo scritto del 1968 sulla Demokratisierung. Da questi testi si comprende come per Lukács la democrazia si leghi essenzialmente al tema della vita quotidiana. Nel primo testo di questa raccolta, Le visioni del mondo aristocratica e democratica, Lukács dà un quadro della formazione ideologica del nazismo sulla linea che poi si concretizzerà nelle analisi de La distruzione della ragione, e scrive che gli «umanisti» borghesi, che sono autenticamente democratici, a un certo punto, a cavallo tra ’800 e ’900, «hanno cominciato ad accorgersi che la violenza dell’anti-umanesimo, la potenza della follia razziale scatenata può essere vinta soltanto con un’altra forza: col potere del popolo risvegliato ad una vita democratica». Ciò vuol dire democrazia socialista. Lukács sta dicendo insomma che l’unica maniera di vincere il fascismo – che, se è stato annientato militarmente durante la guerra, è assai più difficile da annientare ideologicamente, tanto che «come concezione generale, il fascismo mostra assai più resistenza di quanto molti non abbiano immaginato dopo la rovina di Hitler» (p. 21) – è attraverso una vera auto-organizzazione democratica della vita popolare, non nel senso formalistico della partecipazione alle elezioni dei parlamenti borghesi, ma nel senso di una partecipazione comune, diffusa e costante nel fare della vita quotidiana. Tenendo presente che «ciò che abbiamo abitudine di chiamare educazione in senso stretto non costituisce che una parte molto piccola dell’educazione effettiva di tutto l’uomo […] le forme e i contenuti della vita quotidiana agiscono potentemente e anche in modo determinante sulla formazione interiore» (I compiti della filosofia marxista nella nuova democrazia, p. 56). La democrazia parlamentare o formale corrisponde pienamente al tipo individualistico della società capitalistica, che non riesce ad essere davvero cittadino, e però «senza una partecipazione attiva alla vita pubblica l’uomo non è un essere completo». A tal fine occorre «la vera democrazia» (p. 68). È un ideale che si trova già nella Critica della filosofia del diritto del giovane Marx. È notevole che nell’immediato dopoguerra, a fascismo annientato, Lukács esprima esplicitamente insoddisfazione per i metodi fino a quel momento seguiti in Europa per debellare il fascismo: «La nuova Europa potrà sorgere ed affermarsi soltanto se riuscirà ad estirpare anche sul piano ideologico le radici del fascismo e a renderne impossibile il ritorno». Un giudizio che si rivela più che mai attuale e lungimirante. Il fascismo ha potuto trionfare grazie a una crisi della democrazia. E l’opposizione contro il fascismo – nota Lukács riferendosi ai diversi movimenti della Resistenza – è stata più forte «laddove era più vivo nel popolo uno spirito della democrazia reale e non diluito in senso liberale e formalistico (Unione Sovietica, Jugoslavia, Francia)» (pp. 44-45). Ora però Lukács vede che gli elementi di democrazia diretta presenti nella Resistenza vengono aboliti, e con ciò viene revocato sia lo slancio costruttivo per una nuova democrazia, sia la forza di resistenza contro il fascismo, che non è affatto sconfitto. Infatti, «un’Europa nuova e reale potrà essere ricostruita soltanto da uomini per cui il senso della cittadinanza sarà ridiventato forma di vita quotidiana. Ma nessuno diventa cittadino per mera decisione. Se nell’Europa occidentale il cittadino è scomparso o diventato un’astratta caricatura, la colpa ne va ad una vita pubblica in cui le masse non avevano nessuna possibilità di agire in continuità e in cui gli essenziali problemi personali potevano essere uniti ai problemi della vita pubblica soltanto sulla scala di servizio della corruzione» (pp. 47-48). Come non sentire il valore immutato di queste parole sul nesso ineludibile tra democrazia e cittadinanza reale?
Democrazia reale e non formale significa dunque democratizzazione della vita quotidiana, cioè auto-attività delle masse. Lukács, peraltro, non era un ingenuo, sapeva bene che talvolta certe decisioni vanno prese rinunciando alla loro condivisione e approvazione. E aveva fatto propria la lezione di concretezza di Lenin, di non agire in base a principi astratti. La concretezza di Lenin è però la concretezza di un teorico, una visione d’insieme di cui Lukács sente la mancanza nella successiva dirigenza sovietica, che vede impigliata nella mera tattica, inclusi Trockj e Stalin, che per Lukács era il più grande tattico e il peggior teorico. Ciò non vuol dire che la questione della democratizzazione socialista vada rinviata a un futuro lontano, quando si saranno costruite le basi economiche, o anche le sole basi organizzative, cioè che solo quando si sarà forti si potrà essere democratici. Su questo sbaglio si è sostenuto lo stalinismo. La democrazia esiste già nella lotta per farla (nel testo del 1968 Lukács sostituirà ad uno ad uno i molti “democrazia” che aveva usato nella prima stesura con “democratizzazione”). Infatti, «a grado a grado che gli uomini lottano per la democrazia e la stanno costruendo, si risveglia in loro lo spirito di “cittadinanza”» (Le visioni del mondo aristocratica e democratica, p. 47). E tuttavia Lukács riconoscerà a Stalin, ancora nel ’68, il merito di aver fatto diventare la Russia la seconda economia del mondo, grazie ad immani sforzi negli anni ’30 e nel secondo dopoguerra, e senza cedere al capitalismo, senza concessioni a un’economia di mercato. Nel suo testo del 1968 Lukács parla in più di un’occasione semplicemente della «sovvertitrice trasformazione della socializzazione dei mezzi di produzione» avutasi in URSS, ritenendo insomma che, pur con tutti gli errori dello stalinismo, con l’economia pianificata socialista si sia prodotta comunque la svolta fondamentale della storia umana. Una strada per lui non da rinnegare, ma da correggere. Un giudizio però, questo, che evidentemente non è così pacifico. Neanche per lo stesso Lukács, che ritiene economicistica la concezione per cui l’economia pianificata socialista di per sé basterebbe a produrre l’uomo nuovo auspicato dal comunismo. E qui emerge ancora, e drammaticamente, il problema della democratizzazione socialista. Un problema inedito perché le esperienze che Lukács ricorda, la Comune e i soviet del 1905, non si realizzarono, mentre i soviet del 1917 non resistettero molto ed erano al tramonto negli ultimi anni di Lenin, che giustamente se ne preoccupava mentre assisteva alla potenza che veniva assumendo la burocrazia. Un problema sempre nuovo, da comprendere attraverso le possibilità e i movimenti del nostro tempo, che queste pagine di Lukács aiutano a formulare e a ripensare secondo il principio della «vera democrazia».



Proudly powered by Weebly